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Dissuasori luminosi per evitare gli investimenti degli animali selvatici

Dicembre 2017

Gli addetti al recupero delle carcasse degli animali selvatici (cinghiali, caprioli),  investiti lungo alcune strade provinciali friulane, parlano di «situazione estremamente seria» e di «gravi pericoli per la pubblica sicurezza». 
Ad aggravare il problema è l'assenza di illuminazione pubblica e la presenza dei rettilinei che inducono gli automobilisti  a correre nonostante vi sia il limite di 70 all'ora e l’apposita cartellonistica
Come possibile soluzione, da attuare nel territorio dove vi è maggiore presenza di questi animali, si sta pensando di applicare dei dissuasori luminosi che riflettendo la luce dei fari dei veicoli in transito si trasformano in una sorta di allarme per gli animali.
FONTE: Messaggero Veneto

Si cerca il proprietario del pitone birmano

Dicembre 2017


Pitone di 4 metri trovato sul greto del Tagliamento
Spilimbergo: allertato da una telefonata, il personale del Corpo forestale regionale è giunto sul posto dove ha trovato l'animale morto


SPILIMBERGO. È un mistero il ritrovamento di un lungo serpente, un pitone, avvistato da un escursionista nella serata di martedì non lontano dall'istituto d'istruzione superiore “Il Tagliamento”, nell'area golenale del fiume compresa fra le municipalità di Spilimbergo e Dignano.
Un esemplare molto grande di circa 4 metri di lunghezza, con le caratteristiche striature bruno-grigiastre e macchie quadrangolari di colore bruno con sfumature che vanno dal color crema al dorato tipiche del pitone birmano.
Si tratta di una specie nativa delle regioni meridionali del continente asiatico e, come sia finito in riva al Tagliamento, è difficile da spiegare: di certo, il rettile, dalle grandi dimensioni ma non velenoso, è stato rinvenuto morto in un sito utilizzato in maniera inappropriata per l'abbandono dei rifiuti.
A recuperarlo nella mattinata di mercoledì, 20 dicembre, dopo averne avuto segnalazione dalla Polizia locale di Spilimbergo cui l'escursionista si è rivolto, sono stati gli agenti del Stazione del Corpo forestale regionale, con sede a Borgo Ampiano di Pinzano al Tagliamento.
Impossibile capire se il proprietario del serpente se ne sia disfatto quando il pitone era ancora vivo, facendolo morire a causa delle basse temperature registrate in questi giorni, o se l'animale sia deceduto in casa e successivamente sia stato abbandonato.
Come spiega Paolo Benedetti, funzionario del Corpo Forestale Regionale di Udine “ insieme ai carabinieri del nucleo Cites di Trieste stiamo cercando di capire da dove potesse arrivare l’animale che non era morto da tanto tempo (anche questo da accertare) e sul suo corpo non sono stati segni apparenti di ferite”.
“In provincia di Pordenone si tratta del primo ritrovamento del genere mentre in altre zone della regione, in provincia di Gorizia, per esempio sono stati trovati individui vivi e, in alcuni casi anche morti” ammette Benedetti. Il singolare ritrovamento ha suscitato parecchia curiosità, amplificata dal fatto che le foto del recupero del rettile in poche ore hanno fatto il giro del web.
A togliere ogni dubbio che si tratti proprio di un pitone birmano è un lettore del Messaggero Veneto, profondo conoscitore di questo genere di animali, il quale viste le dimensioni, suppone possa trattarsi una specie femminile.
Di certo, secondo l'esperto, si tratta di un rettile che, per le temperature rigide, soccomberebbe nel giro di poche ore all'addiaccio. Molto più probabile che sia morto prima di essere abbandonato. “Per detenere questi animali, iscritti all'appendice 2 della Cites, è obbligatorio avere un documento rilasciato dall'allevatore o da chi lo ha ceduto.
Nel documento, viene tracciata la storia dell'animale, dalla nascita agli eventuali passaggi da un proprietario all'altro. La Cites impone che tutti gli esemplari siano nati in cattività, da genitori in cattività, ma per il pitone il microchip non è d'obbligo come lo è

invece per altri serpenti” chiarisce l'esperto.
Stando così le cose, pare davvero difficoltoso, riuscire a risalire al proprietario. Adesso la carcassa del serpente si trova a disposizione delle autorità preposte nella cella frigo della stazione forestale di Pinzano al Tagliamento.

21 dicembre 2017

Pitone a Dignano, si cerca il proprietario
Qualcuno ha proposto una taglia per risalire a chi ha abbandonato l’animale ritrovato morto

23 dicembre 2017

DIGNANO. Ha suscitato curiosità e non poca indignazione quella che qualcuno ha simpaticamente già battezzato come una “snake news”, ovvero la notizia del ritrovamento di un esemplare di pitone femmina di circa quattro metri, che è stato avvistato da un escursionista nella serata di martedì non lontano dall’istituto d’istruzione superiore “Il Tagliamento” , nell’area golenale del fiume tra i territori comunali di Spilimbergo e Dignano. La normativa impone che gli esemplari siano nati in cattività, da genitori in cattività, ma per il pitone il microchip non è d’obbligo come per altri serpenti. Stando così le cose pur di risalire al proprietario c’é persino chi lancia la proposta di una “taglia” purché l’autore del gesto non resti impunito. Il rettile, un pitone birmano, è stato rinvenuto morto in un’area solitamente utilizzata per gli abbandoni abusivi di rifiuti.

A recuperarlo nella mattinata di mercoledì – successivamente alla segnalazione dell’escursionista alla polizia locale di Spilimbergo – gli agenti del Corpo forestale regionale, con sede a Borgo Ampiano di Pinzano. Impossibile capire se il proprietario del serpente se ne sia disfatto quando il pitone era vivo, facendolo morire a causa delle basse temperature di questi giorni, o se l’animale sia deceduto in casa e poi sia stato abbandonato. La carcassa del rettile si trova ora a disposizione delle autorità nella stazione forestale di Pinzano e, nonostante le indagini siano in corso, che si possa arrivare ad identificare l’autore di questo singolare abbandono risulta piuttosto complicato a detta degli stessi addetti ai lavori. Le norme internazionali

che regolano il commercio delle specie minacciate di estinzione (Cites) contemplano che chi detiene questo genere di animali sia obbligato ad essere in possesso di un documento rilasciato dall’allevatore o da chi lo ha ceduto. Nel documento, viene tracciata la storia dell’animale.





FONTE: Messaggero Veneto
FONTE: Messaggero Veneto


Sequestrati 65 cagnolini sull'autostrada A23

Dicembre 2017

Un uomo e una donna, entrambi pregiudicati, sono stati denunciati per traffico illecito di animali da compagnia e multati per 70mila euro dalla polizia stradale di Amaro. 
I due  sono statti fermati mentre viaggiavano sull'autostrada Udine-Venezia. All'interno della vettura con targa polacca sono stati trovati 65 cuccioli di cane di varie razze in condizioni precarie. Alcuni non hanno un mese di vita. 
I cuccioli verranno dati in affido a chi si impegna a prestare le necessarie cure. FONTE: Il Gazzettino

Spot sui bus di Udine contro carne e latte

Dicembre 2017
Sui bus di Udine spunta lo spot contro carne e latte
Campagna animalista del comitato “Gadda” con pannelli sulle fiancate dei mezzi pubblici. «Se i macelli avessero le pareti di vetro saremmo tutti vegetariani»

18 dicembre 2017


UDINE. Un maiale nei locali di un macello con lo sguardo terrorizzato. Un vitellino e una mucca, in attesa di essere separati per sempre. Anche dalla morte. Immagini forti, accompagnate da frasi altrettanto d’impatto.
«Se i macelli avessero le pareti di vetro saremmo tutti vegetariani» dice il primo manifesto citando Lev Tolstoj. «Il latte che bevi era per me» “urla” il secondo.
Lo sguardo degli udinesi, nei prossimi giorni, non potrà non cadere sui panelli affissi alle fiancate di alcuni autobus. Per catturare l’attenzione e informare i cittadini sulle condizioni degli animali allevati in modo intensivo, il Gruppo attivo in difesa diritti animali (Gadda) ha ripreso e rilanciato la campagna choc contro i macelli e contro il consumo del latte nata a Genova grazie alla Nala (Nuova associazione per la liberazione animale).

Il Gadda

«Il nostro comitato, composto da udinesi o residenti nelle zone limitrofe, si occupa della salvaguardia e della tutela dei diritti degli animali a 360 gradi – spiega Maurizio Di Qual, rappresentante della Gadda – . I temi su cui vogliamo sensibilizzare le persone sono molti, dagli abbandoni alle sperimentazioni sugli animali, dalle pellicce fino ai macelli».
Così, dopo il clamore suscitato dalla campagna organizzata tre mesi fa nella città ligure, il gruppo friulano si è attivato, grazie a una raccolta fondi, per l’acquisto di otto pannelli, quattro con immagini che sollecitano la contestazione ai macelli e quattro contro il consumo di latte.
Pubblici da giovedì scorso, saranno visibili per un mese, fino al 16 gennaio. «Molti vogliono tenere nascosti certi argomenti – aggiunge Di Qual – perché in regione abbiamo prodotti d’elité per quanto riguarda la lavorazione della carne. Per questo motivo il problema degli allevamenti intensivi è tenuto poco in considerazione».

I macelli

Sono molti i video realizzati da associazioni animaliste – come Animal Equality, organizzazione internazionale per la protezione animale – che girano sul web e che denunciano la sofferenza degli animali negli allevamenti intensivi. Cosa si vede esattamente? Non solo sporcizia e spazi inadatti.
Anche maiali maltrattati che nel macello vengono prima “storditi” con corrente elettrica sugli occhi, poi centrati con un colpo in testa (il cosiddetto proiettile captivo, ndr). «Quando mostri quello che accade le persone provano quasi fastidio – prosegue – , ma noi facciamo vedere solo quello che loro decidono di far fare ad altri. La gente è schifata e si chiede come sia possibile tutto questo: molti distolgono lo sguardo, altri decidono di cambiare idea». È una scelta di responsabilità: «Ognuno può decidere cosa fare».

Il consumo del latte

Mentre il tema dei macelli è quasi “inflazionato”, quello del consumo del latte è di certo meno trattato. «Non è un alimento “innocente” come si crede» dice ancora Di Qual.
Dietro all’industria del latte e dei derivati c’è la sofferta separazione di una “mamma” dal suo vitellino, che viene immediatamente allontanato e non beve una goccia del latte che “gli spetta”. «I vitellini sono chiusi in box singoli e in media dopo 40 giorni saranno macellati – spiega – . Le mucche saranno attaccate a mungitrici elettriche per poi venire sfruttate e trascinate, ormai senza forza, al macello».
Non è trascurabile l’aspetto etico e nemmeno quello della salute: «Studi dimostrano che il latte provoca osteoporosi e scompensi, anche ormonali».

L’esperto

Marta Ciani, nutrizionista con studio a Udine, suggerisce che sarebbe meglio limitare il consumo di carne e latte. «La carne rossa non andrebbe mangiata più di una volta alla settimana. Chi ha patologie di tipo oncologico dovrebbe proprio evitarla – precisa – . Per quanto riguarda il latte e i suoi derivati meglio non assumerne troppi: possono creare disturbi».
Ciò che manca, spesso, è la conoscenza di ciò che viene ingerito. «Se una carne dopo la cottura riduce le sue dimensioni della metà significa che è stata “gonfiata” – conclude la dottoressa – . Se le galline crescono in allevamenti intensivi, la carne bianca fa male quanto quella rossa: il problema è capirne l’origine».



FONTE: Messaggero Veneto

Sentenza: Michele Bodigoi dovrà risarcire 32 mila euro per l'uccisione di due cani

Dicembre 2017
Uccise due cani, condannato a 6 mesi
L’uomo, vicino di casa dei padroni degli animali, li risarcirà con 16 mila euro l’uno. La difesa: «Nessuna prova»


TORREANO. Fu lui a uccidere Marley e Akita, i due cani di grossa taglia trovati morti da una passante, la mattina del 9 maggio 2015, vicino al campo sportivo di Moimacco.
Lui che, sospettato fin dal primo momento dai proprietari degli animali, suoi vicini di casa, aveva sempre negato il proprio coinvolgimento nella loro scomparsa. E che, anche dopo il ritrovamento sul tappetino della propria auto di una macchia di sangue considerata compatibile con il Dna di una delle due vittime, aveva escluso essersi trattato di un abbattimento violento, come proposto dalla Procura, indicando la causa del decesso nell’ennesimo episodio di avvelenamento da prodotti dell’agricoltura.

La sentenza è stata pronunciata ieri. Michele Bodigoi, 45 anni, di Torreano, è stato condannato a sei mesi di reclusione, sospesi con la condizionale, oltre che al pagamento di 16 mila euro di danni l’uno ai padroni dei cani, entrambi meticci nati dall’incrocio di un lupo di razza cecosclovacca e di di una femmina di razza akita.
Ed entrambi freddati, in tesi accusatoria, dai colpi di un’arma da fuoco. Il processo è stato celebrato davanti al giudice monocratico del tribunale di Udine, Paolo Lauteri, con rito abbreviato. Il pm Maria Caterina Pace aveva chiesto 8 mesi di reclusione. Nell’aprile 2016 era stato il gip Daniele Faleschini Barnaba a dare una svolta al procedimento, respingendo l’istanza di archiviazione avanzata dalla Procura e disponendo l’imputazione coatta di Bodigoi, alla luce dell’esito delle analisi condotte dal Centro di referenza nazionale per la Medicina forense veterinaria, che aveva ricondotto a Marley il materiale biologico trovato nel suv dell’indagato.

Di verso completamente opposto la ricostruzione della difesa, rappresentata dall’avvocato Paolo Viezzi, che ha insistito per l’assoluzione piena del proprio assistito. «Sono molto curioso di leggere le motivazioni della sentenza, che impugneremo senz’altro – dice il legale –. Si contestava l’uccisione di due cani con esplosione di altrettanti colpi d’arma da fuoco, ma tutte le prove l’hanno esclusa come causa del decesso.
Era stata la stessa perizia a fare risalire la morte all’avvelenamento da concimi agricoli, verosimilmente un topicida. Modalità che, per l’appunto, provoca emorragie interne». Nè alcuna pregnanza, a dire della difesa, risulta avere il test del Dna. «La compatibilità è stata rilevata in termini di mera possibilità – ricorda Viezzi – e soltanto a un secondo esame, dopo che il primo l’aveva esclusa per la femmina e, vista la parentela tra i due cani, anche per il maschio».

Assistiti dall’avvocato Raffaele Conte e con lui costituitisi parte civile nel procedimento, i padroni di Marley e Nikita avevano sospettato subito di Bodigoi: più volte – avevano riferito ai

carabinieri di Cividale – il vicino aveva manifestato ostilità verso i cani, minacciando di ucciderli se li avesse visti ancora correre in mezzo ai campi. Cacciatore per passione, a seguito della denuncia l’uomo si era visto revocare il porto d’armi.


05 dicembre 2017







FONTE: Messaggero Veneto

La rogna in cinque anni ha ucciso 2500 ungulati

Dicembre 2017
Ampezzo, strage di caprioli e stambecchi nel parco
La denuncia del direttore della Riserva: la rogna ha ucciso quasi 2.500 capi in un quinquennio


AMPEZZO. Nel parco naturale delle Dolomiti friulane è strage di caprioli e stambecchi. A lanciare l’allarme è Gian Pietro Fachin direttore della Riserva di caccia di Ampezzo.
«In un quinquennio la rogna ha decimato stambecchi, da circa 500 capi a meno di una cinquantina, e camosci, qui i numeri sono più che preoccupanti ma si parla di oltre 2000 capi nel silenzio generale delle parti in causa e di quanti hanno per anni plaudito all’istituzione di questo obbrobrio».

Fachin si scaglia contro la gestione del parco «che nelle intenzioni avrebbe dovuto dare impulso all’economia montana con ripercussioni positive sul turismo e l’economia locale con massicce presenze di turisti, visitatori e curiosi».

Si dice convinto che solo degli animali presenti nel parco si è parlato poco, specialmente quando gli ultimi cinque anni «si è portato allo scoperto ciò che ormai si sta rivelando come un autentico flagello».

Il presidente della Riserva non è d’accordo con quanti, «presidenza, direzione, ente parco, Regione, servizio faunistico, corpo forestale, ambientalisti e veterinari nei convegni dopo grandi discussioni e ingenti mezzi per discutere sul tema arrivano alla conclusione che “la rogna è una malattia endemica e ciclica e la natura deve fare il suo corso”».

Oramai non si contano più le carcasse rinvenute lungo i sentieri e le zone limitrofe al parco «siamo stati invitati a spostarle per non toccare la suscettibilità dei frequentatori» perché la malattia non conosce i confini e si è trasferita anche all’esterno.

«I cacciatori non sono stati ascoltati nella predisposizione del Piano faunistico regionale che innalza in maniera abnorme i numeri obiettivo per la crescita della specie camoscio entro l’anno 2020».

La soluzione per Fachin è rappresentata dall’abbattimento degli animali malati. «Se a qualcuno fosse venuto in mente che la caccia è oltre che terreno di scontro di ambientalisti incompetenti che nonostante gli esigui numeri tengono in scacco la politica ambientale di un paese intero come l’Italia anche una forma seria di gestione, la cessione di quote di abbattimento dei capi in sovrannumero stimati dopo seri censimenti avrebbero portato nelle casse del Parco liquidità per centinaia di migliaia di euro senza dover dipendere dalla Regione per pagare stipendi e iniziative

a supporto del parco stesso.
Ma tutto ciò avrebbe toccato gli animi di tanti pseudo-amanti delle povere bestiole che è meglio veder morire fra atroci sofferenze che fare come nel resto dei paesi evoluti e renderli una fonte di ricchezza per il parco stesso».

03 dicembre 2017


Tutela del ranocchio dal ventre giallo


Area protetta per il ranocchio giallo
Per tutelare l’anfibio il Comune vuole chiedere alla Regione di creare un biotopo naturale

TRASAGHIS. Il ranocchio dal ventre giallo salverà il territorio naturale del torrente Leale. Se sarà così, dipenderà dalle risposte che arriveranno dagli enti preposti, ma quello che è certo è che l’ululone dal ventre nel consiglio comunale delle 20 di stasera.
Nel corso dell’assemblea civica è inserito il punto riguardante la richiesta alla direzione regionale competente di rendere l’area in cui scorre il torrente Avasinis un biotopo naturale, proprio per difendere quella specie di anfibio, oggi molto rara, tutelata e riconosciuta dalla comunità europea.
L’amministrazione comunale ha accolto la richiesta arrivata dalla Societas herpetologica Italica, con la quale si vuole difendere l’habitat in cui vive questo animale: «È un anfibio molto raro – spiega Tiziano Fiorenza, referente Shi –, pensavamo che quell’area fosse già sotto tutela vista l’importanza della specie di cui parliamo, che è molto antica. La creazione di un biotopo è anche un modo per proteggere quel territorio da possibili speculazioni».

Il torrente Leale è infatti interessato dalla richiesta di derivazione presentata agli organi competenti da parte di una realtà privata intenzionata a realizzare una centralina idroelettrica.

«Togliere l’acqua – spiega ancora Fiorenza – dalla forra del Leale significherebbe mettere a rischio l’esistenza dell’ululone, un anfibio che trova proprio nelle vasche che si sono formate nel letto del torrente, il luogo ideale per depositare le sue uova dove queste possono compiere tutto il ciclo: in questa condizione parliamo di specie pioniera. Allo stesso tempo, in quel luogo, è presente anche altra fauna ittica tra trote e bisce che ne risentirebbero con un intervento di quel tipo».

L’ululone dal ventre giallo è un piccolo anuro (anfibi senza coda nell’età adulta) in tutto simile a un rospetto caratterizzato da una pupilla cuoriforme. Il ventre di questo animale e colorato da vivaci macchie gialle, diverse per ogni singolo esemplare. Questa colorazione avverte l’aggressore che il rospetto secerne una sostanza, la bufalina, irritante ed ustionante per le mucose.
Tale sostanza è tuttavia del tutto innocua per l’uomo. L’ululone dal ventre giallo è una specie in forte rarefazione in tutta Europa e per tale motivo inserito negli allegati II e IV della Direttiva Habitat che

individua quelle specie a maggior rischio di estinzione continentale. La forra del Leale è già stata individuata nel 2016 come Area di rilevanza erpetologica nazionale dalla commissione conservazione della Societas Herpetolgica Italica.


30 novembre 2017


Fonte: Messaggero Veneto