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I consigli del naturalista Franco Perco sulla nidificazione dei cigni

Aprile 2017

FONTE: MESSAGGERO VENETO 27 APRILE 2017


TESTO PER IL TRADUTTORE

I cigni covano le uova: «Lasciamoli in pace»
La coppia che ha nidificato nel Variola è già un’attrazione, appello ai curiosi degli animalisti
CERVIGNANO. Fotografie, riprese video e gli immancabili selfie. Tanti, troppi.
Lungo il canale Variola una coppia di cigni attende di dare il benvenuto alle uova, in procinto di schiudersi. I piccoli nasceranno tra qualche giorno, ma la famigliola di cigni è già famosa. Tanti cervignanesi, sicuramente mossi da buone intenzioni, si recano quotidianamente a far visita alla coppia. Mamma e papà, tuttavia, non gradiscono tutte queste attenzioni e il rischio è che decidano di allontanarsi. Il problema è stato segnalato, anche al Comune, da numerosi residenti: l’appello ai cittadini è di non esagerare con le visite e di restare a distanza. «Qualche giorno fa», racconta un cervignanese residente in zona, «due signore si sono avvicinate troppo alla coppia di cigni e il maschio è partito all’attacco. I cigni vanno lasciati tranquilli. Chiediamo ai cervignanesi di essere comprensivi in questo senso».
Fabio Perco, naturalista e direttore della Riserva Naturale Foce dell’Isonzo, spiega: «I cigni, nel periodo riproduttivo, sono molto territoriali. Specialmente gli individui di sesso maschile possono attaccare gli intrusi, uomini compresi, per difendere le uova o i piccoli appena nati. Questo è un comportamento che hanno anche nei confronti dei propri simili. I cigni usano le ali come fossero clave. Il becco, inoltre, essendo dotato di una serie di escrescenze cornee, simili a dentini, può provocare ferite. Per questioni di sicurezza è opportuno non avvicinarsi. Nel momento in cui attaccano è perchè si sentono disturbati. È importante, inoltre, non effettuare in prossimità del nido lavori di sfalcio o pulizia dei canali». (e.m.)
27 aprile 2017


Da reato contravvenzionale a delitto. La conferenza Stato-Regioni ha dato via libera al Piano contro il bracconaggio

Aprile 2017

Fonte: Messaggero Veneto


UDINE. Il via libera della Conferenza Stato-Regioni al Piano nazionale di attività anti-bracconaggio riapre una ferita mai arginata per i cacciatori Fvg. Nel documento si torna a parlare di uccellagione, prevedendo un inasprimento delle sanzioni: il reato, che oggi è contravvenzionale, potrebbe essere “elevato” domani a delitto, aumentando esponenzialmente le pene.
Non ci sta Paolo Viezzi, leader delle doppiette in regione, che rilancia: «Federcaccia Fvg è per la depenalizzazione e la riapertura dell’uccellagione». Poi precisa: «Non quella dei delinquenti, che usano la pratica venatoria senza scrupolo, come mezzo per far soldi, ma quella dei miei genitori e nonni, quella della tradizione friulana e della cultura della nostra terra.
Quella dello scrittore Amedeo Giacomini e del pittore goriziano Cesare Mocchiutti». Quella, insomma, che prima del 1992 – anno in cui la legge 157 sulla caccia ha proibito l’uccellagione – veniva largamente praticata non solo in Fvg, ma anche in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.
Evidenza positiva per Viezzi, di segno opposto per gli estensori – leggi Ispra – del Piano d’azione nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici che nelle 33 pagine del documento citano a più riprese il Friuli come esempio (negativo) di zona in cui ancora si pratica l’uccellagione. Tra settembre e gennaio e tra aprile e maggio con vischio, scacce, archetti, reti e lacci, per prendere uccelli migratori a fini gastronomici, di detenzione amatoriale o lucro.
Tra ottobre e gennaio con reti e richiami acustici in cerca di turdidi da impiegare poi come richiami da caccia o a fini di lucro. Il rischio è già oggi alto. Il reato è punito con «l’arresto fino a un anno – dice la legge – o l’ammenda da 1,5 a 4 milioni di lire». La 157 parla chiaro. L’uccellagione è vietata. Punita con la contravvenzione. Almeno fin qui perché come detto il Piano approvato di fresco opera un nuovo giro di vite prospettando importanti impegni di spesa per l’implementazione degli agenti, l’informatizzazione e il potenziamento degli strumenti di indagine.
Oltre come detto all’inasprimento delle pene, con una proposta di modifica normativa che trasformerebbe la contravvenzione in delitto.
L’ipotesi spinge Viezzi all’attacco. «Questo documento è una vergogna, perché non risponde a una reale esigenza di salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità ma solo a dare l’apparenza di una risposta, pur nella consapevolezza di buttar via soldi pubblici».
Ancora Viezzi: «Il tratteggiare l’uccellagione come il primo dei problemi conservazionistici è un’ipocrisia e ogni soldo speso per questo piano è il prezzo della risposta a troppi populismi. Nessun uccellatore – continua il leader di Federcaccia Fvg – potrebbe mai fare i danni di pesticidi e anticrittogamici. Né raggiungere i numeri di uccisione dei mezzi di circolazione, dell’inquinamento o delle altre attività antropiche. Mi chiedo dov’erano i rappresentanti delle Regioni Veneto, Fvg e Lombardia quando votavano questo malsano documento».
Reo – secondo il presidente di Federcaccia Fvg – di non operare distinguo, perché l’uccellagione friulana, lungi dall’essere – parola sua – la pratica violenta e irrispettosa della fauna e dell’ambiente descritta nel documento, assume per Viezzi contorni poetici.
Quelli descritti da Giacomini con parole e in natura con architetture del paesaggio come le bressane e i roccoli (a Montenars c’è quello di Pre Checo Placereani). «Prima del 1992 – continua Viezzi – la pratica era lecita e molto utilizzata in Friuli, specie nelle campagne, e non aveva alcunché di nocivo per la fauna selvatica. Era semmai un modo per procacciarsi il cibo, per acquisire e tramandare conoscenze. Il lucherino in gabbia era un compagno abituale di moltissime case e i bambini, grazie a nonni e genitori, distinguevano con facilità un passero da un tordo. Oggi invece...»



L'inurbamento dei gabbiani reali

Aprile 2017
Sale sul tetto di casa, ma è aggredito da alcuni gabbiani
Il naturalista: «Non è normale che nidifichino tra i camini»

GRADO. La scena ricorda vagamente quella del film "Gli uccelli", una nota pellicola del 1963, diretta da Alfred Hitchcock. Nel film i gabbiani, apparentemente senza motivo, attaccavano le persone. In questo caso il motivo c'è.
É successo ieri pomeriggio, in un condominio di Grado Pineta, non distante dal centro. Protagonista dell'insolito episodio un malcapitato residente, che si era recato sul tetto per sistemare l'antenna. Doveva essere un intervento di routine e, invece, si è trasformato in un pomeriggio da dimenticare. Il gradese, una volta raggiunto il tetto del condominio, è stato aggredito all'improvviso da alcuni gabbiani, che avevano fatto il nido proprio su quel tetto, non distante dall'antenna.
Come succede in natura, gli animali hanno difeso la prole da un eventuale attacco e sono riusciti a cacciare l'invasore, che, una volta sceso dal tetto, ha chiamato i vigili del fuoco. Per fortuna l'uomo, fuggito appena in tempo, non ha riportato ferite.
Fabio Perco, naturalista e responsabile della Riserva Naturale Foce dell'Isonzo, stazione biologica Isola della Cona, analizza l'accaduto. «E' assolutamente normale che i gabbiani, che sono animali relativamente aggressivi, difendano con una certa energia il loro nido.
Quello che non è normale, invece, e può essere considerato un fenomeno che, in questi ultimi 20 anni, è incrementato in modo preoccupante, soprattutto a Grado e a Trieste, è l'inurbamento di gabbiani reali, che nidificano anche sui tetti delle abitazioni. Con il passare del tempo, è diminuito sempre più il timore nei confronti della presenza dell'uomo.
Una mia parente, tanto per citare un fatto accaduto recentemente, a Trieste, in Viale XX Settembre, stava passeggiando con in mano una pizzetta. A un certo punto, un gabbiano le ha letteralmente strappato la pizza dalle mani. Un tempo non sarebbe mai accaduta una cosa simile».
Secondo l'esperto il problema è il delicato equilibrio tra il rispetto degli animali selvatici e la convivenza con l'uomo, non sempre facile. «Il rischio - commenta Perco - è che queste specie animali diventino sempre più invadenti e anche potenzialmente, seppure in modo moderato, pericolose. In certe situazioni gli animali selvatici possono arrivare ad attaccare le persone.
I gabbiani reali hanno

una certa mole e sono anche predatori. Una beccata in una parte sensibile può essere non solo dolorosa ma anche estremamente problematica. In presenza di cuccioli, come in questo caso, esercitano il massimo dell'aggressività, come moltissime altre specie animali. Fare attenzione è d'obbligo».

22 aprile 2017

Fonte: Messaggero Veneto

L'ibis "Theo" ritorna in Austria passando dal Friuli

Aprile 2017


A Forni di Sopra è arrivato “Theo”, l’ibis eremita

FORNI DI SOPRA. Freddo e maltempo anche a Forni di Sopra, dove martedì 18 aprile, dopo il passaggio di una perturbazione, alcuni uccelli si sono levati in volo ai primi timidi raggi di sole.
Con stupore però, nella zona sportiva di Davòst, è stato notato un grande volatile nero, alquanto insolito da queste parti, rilevatosi essere poi un raro ibis eremita.

A Forni di Sopra è arrivato "Theo", l'ibis eremita
Nella zona sportiva di Davòst, è stato notato un grande volatile nero, alquanto insolito da queste parti, rilevatosi essere poi un raro ibis eremita. Si è posato su un prato dove era passato da poco un mezzo articolato che aveva lasciato tracce sull’erba. Una ghiotta occasione per questo uccello, che si ciba essenzialmente di piccoli insetti e di vermi. La pioggia e la neve infatti avevano inzuppato il terreno, e i vermi sottoterra scavavano galleria verso l’alto per uscire dalla trappola d’acqua e fango. Qui però ad attenderli vi era l’ibis. Poi, disturbato da alcuni corvi, si è alzato in volo (video Petrussi).

Si è posato su un prato dove era passato da poco un mezzo articolato che aveva lasciato tracce sull’erba. Una ghiotta occasione per questo uccello, che si ciba essenzialmente di piccoli insetti e di vermi.
La pioggia e la neve infatti avevano inzuppato il terreno, e i vermi sottoterra scavavano galleria verso l’alto per uscire dalla trappola d’acqua e fango. Qui però ad attenderli vi era l’ibis. Non sono mancate foto e video, cui il volatile non si è sottratto.
Poi, disturbato da alcuni corvi, si è alzato in volo. Abbiamo contattato l’Oasi di Quadris di Fagagna, dove questo animale, che nei secoli passati era facile osservare in Europa, ora è protetto tramite un particolare progetto. L’ibis è un uccello molto socievole, abituato alla presenza umana.
I responsabili dell’oasi avvertono di non dargli da mangiare, in particolare farinacei, pane e simili, che possono farlo ammalare. In particolare consigliano di non farli avvicinare da cani, che potrebbero facilmente ucciderli.
Questi uccelli un tempo erano presenti in massa in Europa, che abbandonavano d’inverno per l’Africa. Da alcuni decenni in tutto il continente sono nati progetti per la loro reintroduzione.
Da Fagagna spiegano che gli ibis sono riconoscibili dagli anelli applicati nelle oasi: bianchi con spirale rossa o neri con spirale azzurra quelli dell’oasi di Quadris, mentre l’ibis trovato a Forni di Sopra aveva due anelli, uno per zampa.
Si tratta di un esemplare dell’oasi austriaca di Burghausen, dove l’animale si sta recando dopo aver svernato nell’oasi di Orbetello. Il volatile, che è seguito grazie a un Gps, si chiama “Theo”, riconoscibile dall’anello numerato 115.
È un maschio di due anni che da qualche settimana si trova nell’alta val Tagliamento. Si raccomanda di non disturbarlo, anche se si lascia avvicinare. Lo scorso anno ben 5 di questi rarissimi uccelli dell’oasi austriaca, sono stati abbattuti da bracconieri in alcune regioni italiane, ma non in Friuli Venezia Giulia.

19 aprile 2017
Fonte: Messaggero Veneto

Dissuasori ottici e acustici nelle strade per evitare le stragi di caprioli

Aprile 2017

Attraversa la 352 ad Aquileia: un altro capriolo investito da un’auto


AQUILEIA. É strage di caprioli lungo la regionale 352, all'altezza del Comune di Aquileia. Un altro animale è deceduto dopo essere stato investito da un'automobile. I cittadini, ma anche le associazioni animaliste, chiedono di intervenire.
A Cervignano il problema è stato risolto grazie all'installazione di 600 dissuasori ottici e acustici, dispositivi che frenano il passaggio degli animali in concomitanza con il transito dei mezzi, nei punti più critici della viabilità locale, quelli maggiormente interessati dagli impatti tra ungulati e veicoli. In alcuni punti, inoltre, sono stati collocati cartelli stradali che indicano il pericolo rappresentato dall'attraversamento degli animali.
Le zone individuate per il posizionamento dei dissuasori sono: lungo la bretella a ovest dello scalo ferroviario, dalla rotatoria a nord della frazione di Strassoldo fino alla rotatoria a confine con il Comune di Terzo di Aquileia, lungo la provinciale 68, in via Carso, nella frazione di Scodovacca, lungo la provinciale 54, in via Fredda, sempre a Scodovacca, lungo

la regionale 351, dall'incrocio tra via Fredda verso Cervignano, e nel tratto lungo la regionale 352 che va dalla rotatoria sulla provinciale 108 alla rotatoria della variante alla regionale 352.
L'obiettivo, per il futuro, è estendere il progetto anche negli altri Comuni.

19 aprile 2017


Capriolo travolto da una vettura: arrivano i carabinieri


TORVISCOSA. Un capriolo è stato travolto e ucciso da un automobilista croato in una strada del comune di Torviscosa. Un incidente per il quale ha dovuto sottoscrivere una constatazione dell’avvenuto con i carabinieri di Cervignano. L’investimento si è verificato nel tardo pomeriggio di venerdì, quando l’animale avrebbe attraversato la strada proprio mentre stava sopraggiungendo la vettura del cittadino croato. Dall’impatto il capriolo è rimasto ucciso, per cui i carabinieri che erano in zona hanno dovuto procedere con i rilievi.

Fatti analoghi succedono di frequente nella cittadina della Bassa che ha un grande territorio agricolo dove la selvaggina ha trovato un habitat eccellente. Succede però spesso che durante gli attraversamenti delle strade (in particolare sulla regionale 14) abbiano la peggio. (f.a.)

09 aprile 2017


In primavera Bianca ritorna da Franco Picotti

Aprile 2017
La rondine torna ogni anno e si ferma in cucina: l’insolita amicizia tra Franco e Bianca
Da tre anni la “magia” si ripete in primavera ad Attimis. L’ottantenne ha chiamato il volatile come la moglie



ATTIMIS. A volte la realtà sa scrivere storie così belle da fare concorrenza alla poesia. Una favola sull’amicizia quella che lega, da ormai tre anni, un anziano a una rondine che torna ogni primavera.

La rondine torna ogni anno a casa Picotti
Dal 2015 la “magia” si ripete in primavera, ad Attimis. E' una favola sull’amicizia quella che lega un anziano a una rondine. Franco Picotti, ottantenne, ha chiamato il volatile come la moglie Bianca, persa appena l'anno prima (video di Barbara Cimbaro).

La prima volta che la rondine è arrivata a casa di Franco Picotti, in una borgata di Attimis che sorge al limitare del bosco, era il 2015.
Franco, 80 anni, aveva perso la moglie Bianca appena l’anno prima. La signora amava molto le rondini e, in giardino, aveva adottato degli accorgimenti per agevolarle nel costruirsi il nido.

Con un ricordo commosso, al suo funerale era stata letta la poesia “La sisilute”. Ma nella primavera successiva, nella casa di Attimis, il nuovo arrivo: la rondine, invece che nel nido, ha scelto di dormire in cucina, facendo compagnia a Franco di sera e allietandolo con il suo canto ogni mattina: con un pensiero pieno d’affetto l’80enne l’ha chiamata Bianca, come la moglie. «È stata mandata da qualcuno», ci ha detto Franco, semplicemente.
Da tre anni la rondine segue una routine consolidata, torna a casa sempre verso le 19: Franco cerca di esserci, per poterle aprire la porta. La rondine vola sopra un piatto da parete o su un orologio a muro e lì passa la notte, dormendo. «La mattina, se non sono già sveglio», racconta Franco, «bussa con il becco alla porta della camera per farsi aprire e poter uscire».

Una rondine puntuale: anche se la porta è aperta non si muove, fino alle sette dell’ora solare. A mezzogiorno la piccola Bianca torna a casa, ma è solo la sera che rientra veramente.
L’amicizia con una rondine potrebbe sembrare difficile rispetto a quella con un altro animale domestico, la piccola Bianca però, nel tempo, ha capito come dimostrare a Franco il suo affetto. «Quando faccio ginnastica», racconta l’uomo, ex podista, «cerca quasi di imitarmi con le ali».
Gli fa compagnia anche volando nei paraggi quando lui lavora l’orto. Franco riesce anche a giocarci con il volatile: lui allarga le braccia mentre la rondine si diverte a volargli sotto. «Ho capito come avvicinarla senza farle paura».
La vicinanza con questa e con le rondini che nidificano in zona (ce ne sono diverse) ha permesso a Franco di osservarne le abitudini, restando meravigliato, ad esempio, dal loro grande senso dell’orientamento. «È bellissimo vederle fare il nido, c’è un coordinamento straordinario».
Quest’anno Franco ha anche preparato un po’ di fango per aiutare le rondini a fare il nido. La piccola Bianca arriva puntuale in primavera ed è sempre l’ultima tra i suoi simili ad andare via, in autunno. Negli ultimi due anni è arrivata con un compagno e l’anno scorso ha avuto anche due bellissimi piccoli.

15 aprile 2017


Fonte: Messaggero Veneto

I diabolici meccanismi dei canali Giavons e Ledra fanno stragi di animali

Aprile 2017

Cadono nei canali, strage di caprioli a Rive d'Arcano
Solo negli ultimi sette giorni negli sgrigliatori della centrale idroelettrica sono finiti cinque animali

RIVE D’ARCANO. I canali Giavons e Ledra che attraversano il territorio comunale di Rive d’Arcano hanno fatto ancora una volta le loro vittime.
Solo nell’ultima settimana la vigilanza venatoria e il corpo di Polizia regionale hanno recuperato ben cinque caprioli maschi, mutilati e agonizzanti a causa delle lesioni provocate agli arti dagli sgrigliatori posti poco prima delle centrali idroelettriche.
Gli animali caduti nei canali artificiali che portano l’acqua alle centrali idroelettriche finisconono infatti nelle strutture dotate di gradi lame che puliscono l’acqua da rovi, arbusti o altro.
E sono proprio queste lame a tagliare gli arti, arrecando grandi ferite, alle povere bestiole (non solo caprioli ma anche lepri) finite in acqua.
Marco Viezzi, direttore responsabile della riserva di caccia di Rive D’Arcano denuncia il fatto e spiega cosa accade: «I caprioli sono abili nuotatori, quindi non muoiono per annegamento ma vengono mutilati dal grigliatore.
Le povere bestie vanno a finire quindi vive nel cassone di recupero insieme ai detriti: da immaginare la loro sofferenza fino a quando – aggiunge Viezzi - non vengono recuperate».
É il periodo primaverile in cui il maschio del capriolo, nella fase di ricerca territoriale, entra nelle acque dei canali artificiali per attraversarli perchè questi non vengono considerati un ostacolo.
Pur essendo abili nuotatori, gli argini ripidi e verticali ne impediscono l’uscita; stremati, i caprioli nuotano fino agli sgrigliatori, dove le lame utilizzate per la pulizia delle acque, come dicevamo, provocano terribili mutilazioni agli arti.
Importanti sono stati gli interventi messi in atto negli Anni novanta. Infatti grazie all’interessamento del “Consorzio Ledra-Tagliamento” è stato possibile installare delle recinzioni in brevi tratti dei canali “Ledra” e “Giavons”. Recinzioni costantemente controllate e pulite dai soci volontari della Riserva di caccia di Rive d’Arcano.
L’opera di completamento delle recinzioni è a tutt’oggi «impossibile da affrontare per le casse economiche della locale Riserva - aggiunge Viezzi - per evitare questa terribile mattanza che va avanti da anni con

decine di caprioli morti».
Viezzi si augura quindi che ci sia l’interessamento di qualche ente affinchè vengano realizzate le opere di recinzione in gran parte del percorso dei due canali, per evitare così che caprioli e anche lepri finiscano in acqua e vengano uccisi dagli sgrigliatori.

13 aprile 2017

Fonte: Messaggero Veneto

Cronaca di una morte annunciata. Morto "Ciccio" il cervo di Paluzza

Aprile 2017

MESSAGGERO VENETO 21 APRILE 2017
Morto investito da un’auto il cervo “amico” di Paluzza
L’incidente è accaduto domenica sera e non ha lasciato scampo a “Ciccio” L’animale era diventato una presenza fissa negli orti e nei giardini dei residenti


PALUZZA. Si è conclusa, tristemente, la convivenza del fusone Ciccio con gli abitanti di Paluzza. Domenica sera, poco dopo le 21, la sua esperienza con l’uomo è finita nel modo più drammaticotriste: contro un’automobile. Ciccio, il cervo che da due anni aveva stabilito la sua residenza a Casteons, fra orti e cortili delle case, è rimasto vittima di un’investimento stradale, colpito in pieno dalla Fiat Panda condotta da un anziano del paese, a Enfretors. Nell’impatto l’ungulato è deceduto all’istante, mentre nonostante gli ingenti danni al veicolo il conducente è uscito illeso.
In tanti, in paese, hanno accolto con sgomento e commozione il decesso di Ciccio, ma non sono mancate nemmeno le lamentele per come è stata condotta la vicenda. Un anno fa il cervo si impigliò con le corna in un’inferriata, senza riuscire a liberarsi. Solo con l’intervento dei veterinari e di uomini del corpo regionale forestale si era riusciti a liberare l’animale, sedandolo, prima del trasporto in un’oasi ai piedi del rifugio Marinelli. Durante l’inverno, però, Ciccio dimostrò di essere più affezionato agli umani che ai suoi 150 simili sui monti delle Alpi carniche, ed è riapparso nella zona dei Laghetti di Timau. Da qui è ulteriormente sceso sino a ritornare a Paluzza, dove girovagava libero e felice fra le colture e le abitazioni. In molti si chiedono del perché non si siano presi provvedimenti, per la salvaguardia dell’animale e anche degli uomini, riportando il cervo in una zona più adatta alla selvaggina, magari su montagne più distanti. Domenica sera, invece, il triste epilogo: nascosto dal buio Ciccio ha attraversato la strada, a Enfretors, mentre stava sopraggiungendo l’automobile. Forse è sbucato di colpo, forse è stato abbagliato dai fanali, ed è stato travolto. la carcassa del giovane cervo è stata recuperata dagli uomini della forestale, che hanno avvisato gli addetti al recupero della fauna selvatica morta. Anche gli uomini della forestale locale si sono detti dispiaciuti della sorte toccata a Ciccio, anche se non possono affermare con certezza assoluta che si tratti del “loro” cervo, in quanto la fauna selvatica non è soggetta a segni di riconoscimento.
La zona dove è avvenuto l’incidente, sulla statale che porta al valico confinario con l’Austria, fa registrare una decina di investimenti di fauna selvatica ogni anno. La ricomparsa del fusone era stata comunque già segnalata, sin dalla notizia che Ciccio era rientrato a Paluzza, all’Ispra di Bologna, ente che deve dare l’autorizzazione alla cattura e trasferimento della fauna selvatica, ma la risposta non è ancora pervenuta agli addetti per l’eventuale, ma oramai inutile, recupero. Con molta probabilità Ciccio sarà ora destinato a diventare il pasto degli avvoltoi di Cornino, mentre i danni all’automobile saranno sanati, dietro richiesta, dallo speciale fondo messo a disposizione dalla Regione per questo tipo di incidenti.

11 aprile 2017
Fonte: Messaggero Veneto


L'orso distrugge le arnie. Il danneggiato verrà risarcito

Aprile 2017
Orso a caccia di miele distrugge le arnie nel bosco di borgo Faris
L’animale è la prima volta che fa danni in questa zona. Forse non è lo stesso plantigrado visto nella bassa val Tagliamento



ATTIMIS. Risale con ogni probabilità alla notte tra venerdì e sabato il passaggio dell’orso, con il ribaltamento di diverse arnie, in una zona boscosa e isolata, posta a monte di borgo Faris ad Attimis, nella direzione di Zuc Peschiaris.
Se è la prima volta che si registrano danni procurati dal plantigrado nell’Attimense, non è invece un fatto del tutto insolito che l’orso danneggi le arnie, attirato dal loro contenuto. In passato, però, i fatti di questo tipo si erano registrati ben più a monte, nella zona, comunque non lontana, del Taipanese.
Dell’accaduto è stata informata la stazione della guardia forestale di Attimis, che ha conseguentemente effettuato in questi giorni tutti i rilievi del caso.
Sul posto è stata infatti individuata un'impronta dell'orso e anche ritrovata una “fatta” che potrà fornire importanti indizi, agli uomini del corpo forestale regionale, per capire di quale orso si tratti e se sia già conosciuto o meno. Attualmente in regione si muove, infatti, un unico orso radiocollarato, presente nella zona della bassa val Tagliamento.
Pare molto improbabile, quindi, che possa trattarsi dello stesso animale, anche se per una pronuncia definitiva bisognerà attendere tutte le verifiche del caso.
L’orso, va spiegato ancora, è già stato avvistato altre volte in quest’area, le segnalazioni ci sono state infatti dalla pedemontana in poi.
L’area delle Farcadizze, da Canebola verso la zona di Pulfero, che, in linea d’aria, non è così distante dal punto dove è avvenuto il danneggiamento delle arnie, è in particolare frequentata con una certa regolarità dall’orso.
Usciti dal letargo, gli orsi in questo periodo sono però abbastanza mobili ed è più facile avvistarli rispetto a quanto accade in altri periodi.
La presenza dell’orso, va detto, non desta solitamente preoccupazioni o alcun disagio, poiché il plantigrado non attacca l’uomo, anzi abitualmente se ne allontana o se ne tiene ben distante. Anche le predazioni, infatti, avvengono solitamente di notte e in zone isolate. Per quanto accaduto ad Attimis, prevedibilmente questo fatto seguirà l’iter di altri casi analoghi: fatte tutte le verifiche del caso, il danno viene accertato, imputato alla specie e il danneggiato ha diritto a un risarcimento.
Può essere utile segnalare che l’amministrazione regionale, con il servizio biodiversità, oltre a riconoscere l’indennizzo dei danni per chi li subisse, attualmente mette a disposizione di chi ne avesse la necessità anche dei contributi per dispositivi di prevenzione.

27 marzo 2017

Fonte: Messaggero Veneto

Nel territorio di Sedegliano trovate abbandonate diverse carcasse di animali d'allevamento e anche un cane

Aprile 2017


Carcassa di una mucca trovata in un fossato
Scoperta tra Sedegliano e Turrida da un passante. La bestia era semisepolta Il vicesindaco: non sono stati rispettati i protocolli sanitari, speriamo non sia malata


SEDEGLIANO. Macabra scoperta nella zona tra Sedegliano e Turrida. Durante una passeggiata, mercoledì scorso, un cittadino ha notato la carcassa di una mucca affiorare da un cumulo di terra, come se l’animale fosse stato parzialmente sepolto. Subito è stato dato l’allarme e sono partite le indagini delle forze dell’ordine per risalire ai responsabili del gesto che potrebbe avere delle ripercussioni anche sul piano sanitario.
Non è mai accaduto infatti che nella zona siano stati segnalati casi del genere. Sarà da stabilire da parte delle autorità sanitarie le cause del decesso dell’animale e per quale motivo il proprietario non abbia seguito le pratiche corrette per l’eliminazione della carcassa.
A questo proposito interviene il vicesindaco e assessore alla Sanità e Agricoltura del Comune di Sedegliano Maurizio Rinaldi che, informato sui fatti, si dichiara «allibito per un fatto del genere, che rivela una certa superficialità e la non osservanza del rispetto delle procedure previste. La speranza è che in questo caso – osserva il vicesindaco – oltre al mancato rispetto delle regole non vengano appurate malattie che potrebbero essere pericolose per la salute dell’uomo e degli animali».
Il fatto è accaduto tra Turrida e Sedegliano, 300 metri all’interno della strada, in un fosso che divide due proprietà, luogo che solitamente viene denominato “cappezagna” (in friulano “savodaine”). L’animale è stato gettato nel fosso in questione e poi ricoperto con della terra presa dal campo vicino. La carcassa potrebbe essere stata trasportata nel luogo con un mezzo agricolo o con un camioncino, visto il peso che s aggirerebbe sui cinque quintali circa. La bestia non è stata ancora rimossa dal luogo dove è stata ritrovata. Sono in corso degli accertamenti per capire la causa della morte dell’animale. Il dottor Glauco Squecco, responsabile del Servizio veterinario di sanità animale dell’Azienza per l’assistenza Sanitaria n.3 riferisce: «Alcuni animali – afferma – muoiono per cause fisiologiche non imputabili a malattie infettive trasmissibili».
Di norma quando muore un animale in stalla deve essere comunicato al servizio veterinario, il quale accerta sul posto le cause e fornisce le indicazioni per lo smaltimento della carcassa. Gli allevatori sono tenuti a mantenere un registro con il carico e lo scarico degli animali presenti nella stalle. Ogni bovino è marchiato con un numero e una sigla di riferimento.

Ha, quindi, un codice ben preciso, ed è inserito in una banca dati nazionale delle anagrafi zootecniche a Teramo, dove ci sono i server collegati con tutta Italia.
Il fatto, comunque, ha destato vasta impressione in tutto il sedeglianese e non solo.

17 febbraio 2017

Fonte: Messaggero Veneto

Un altro bovino morto lasciato in un fosso
La carcassa di un vitello trovata un mese dopo quella di una mucca. Indagini in corso

SEDEGLIANO. La carcassa di un vitello dal manto bianco e nero è stata ritrovata a Rivis, nell’alveo secco del fiume Tagliamento, nei pressi di un’area per l’addestramento cani e vicino all’area dove si svolge solitamente la sagra del paese.
Il fatto riconduce a un episodio simile accaduto sempre in Comune di Sedegliano poco più di un mese fa all’interno della strada che va dal capoluogo a Turrida.
In quel caso era stata ritrovata la carcassa di una mucca gettata in un fosso ricoperta di terra e letame.
In questo caso, invece, il corpo dell’animale non era ricoperto da alcun materiale, quindi era ben visibile.
È stato avvistato da una persona che stava proprio addestrando il suo cane nella vicina area.
L’uomo ha subito provveduto ad avvertire il presidente della riserva di caccia di Sedegliano, Giuseppe Danelon, il quale ha informato il vicesindaco che a sua volta ha allertato la polizia locale.
Gli agenti del servizio convenzionato si sono immediatamente recati sul posto e insieme al veterinario reperibile dell’azienda sanitaria hanno provveduto a compiere i rilievi del caso.
Stanno continuando intanto i controlli a tappeto nelle stalle e negli allevamenti della zona per risalire ai responsabili dell’abbandono dei due animali morti e al fine di individuare gli autori del deprecabile gesto.
La notizia, come un mese fa, si è rapidamente diffusa anche al di fuori dei confini del Sedeglianese destando profonda impressione.
Il sindaco Maurizio Rinaldi così commenta l’accaduto: «È una vergogna – esclama – questi fatti portano discredito a tutti gli allevatori del territorio destando sospetti anche sulla filiera alimentare. C’è un forte impegno da parte degli organi competenti per individuare i colpevoli».
La carcassa dell’animale dovrà essere smaltita a norma di legge, come

il caso precedente, anche ora i costi saranno a carico del Comune – e quindi della comunità – a causa dell’autore del gesto di indifferenza dell’allevatore nei confronti dei suoi animali e dell’azienda per problematiche che potrebbero essere risolte applicando le norme di legge. (m.c.)

21 marzo 2017


Fonte: Messaggero Veneto

Accertamenti sul bovino morto lasciato nel fosso
SEDEGLIANO. Il ritrovamento del secondo bovino morto e abbandonato, questa volta, in un fosso nell’area demaniale del Tagliamento, ha destato vasta impressione e preoccupazione nel Medio Friuli. Ieri...


SEDEGLIANO. Il ritrovamento del secondo bovino morto e abbandonato, questa volta, in un fosso nell’area demaniale del Tagliamento, ha destato vasta impressione e preoccupazione nel Medio Friuli. Ieri la carcassa è stata rimossa.
«Sono stati fatti accertamenti – spiega Ivonne Caliz, responsabile del servizio veterinario dell’azienda sanitaria 3 Alto Friuli –, in stretto coordinamento con la polizia locale, che passano attraverso la nostra banca dati nazionale perché tutti i bovini sono registrati il sistema Bdn - Banca dati nazionale».
«In seguito al primo accertamento sono in corso verifiche, sono stati fatti dei sopralluoghi nelle aziende del territorio e quindi stiamo aspettando le conclusioni – afferma la dirigente –. Dopo il secondo ritrovamento il collega competente ha già compiutoi i dovuti accertamenti. Non ho ancora chiarezza sull’indagine e su quali saranno gli esiti. C’è un obbligo normativo al quale gli allevatori devono attenersi, cioe la posizione di marchi auricolari per identificare i bovini, contrassegni di colore giallo apposti su entrambe le orecchie dell’animale e che riportano un numero che si ritrova poi sulla banca dati. L’animale è marchiato 15 giorni dopo la nascita e i suoi movimenti sono identificati tramite banca dati e numero identificativo. Gli animali morti in stalla sono smaltiti con metodi autorizzati. La prassi legale

prevede l’intervento del veterinario che accerta l’assenza di malattie infettive e rilascia un documento che permette lo smaltimento degli animali tramite ditte autorizzate. Motivo dell’abbandono potrebbe essere il costo per lo smaltimento, 300-400 euro per un bovino adulto». (m.c.)

22 marzo 2017
Fonte: Messaggero Veneto


Ancora animali morti abbandonati nei fossi
Sedegliano: dopo i due bovini, un paio di pecore e un cane Lo sdegno del sindaco Donati: gesti di autentica inciviltà

SEDEGLIANO. Abbandono di carcasse di animali nei fossi in un vigneto e in aperta campagna, questa volta di due pecore e un cane.
Non è ancora passata la vasta impressione che hanno destato il rinvenimento di una carcassa di una mucca un mese fa su una strada che da Sedegliano porta a Turrida e un altro di un vitello abbandonato giorni fa nell’alveo secco del Tagliamento, che ancora sono registrati altri atti incivili, fermamente condannati dal sindaco Ivan Donati e dalla popolazione, ma che continuano a ripetersi, probabilmente nelle ore notturne. Nel luogo chiamato Tal bass di Rivis è stata rinvenuta in un sacco di plastica la carcassa di una pecora «scotennata e pulita», come racconta il presidente della Riserva di caccia Giuseppe Danelon, chiamato sul posto da un cittadino. Ancora una carcassa di pecora, solo lo scheletro, è stata trovata in questi giorni in un vigneto nel riordino fondiario fra Turrida e Grions. In un altro contenitore di plastica (anche nel fosso a Turrida, nella zona bassa) e non rimosso per il fetore che emana è contenuto un altro animale. Un ulteriore rinvenimento, in questo caso di un cane morto la cui carcassa è stata trovata in aperta campagna, dissotterrata da una volpe.
«Quando mi avvertono o mi imbatto in questi casi informo subito le autorità – racconta Danelon –. Anni fa nella zona del tiro al piattello- era stata ritrovata la carcassa di un pony».
«Inciviltà, poco rispetto dell’ambiente e degli altri – è l’amaro commento del sindaco Donati – e anche nei confronti di persone che hanno il piacere di visitare il nostro territorio, specialmente quello vicino al fiume Tagliamento, che conserva intatte molte specie di fauna e flora. Nella giornata ecologica – aggiunge il primo cittadino –, che ha impegnato numerosi volontari ai quali va il mio ringraziamento, è stato raccolto nelle nostre zone ogni genere di rifiuti. È davvero assurdo questo comportamento perché c’è un’ecopiazzola aperta nove ore la settimana dove si possono conferire quasi tutte le tipologie di rifiuto. Gli animali vanno portati nei relativi inceneritori. L’abbandono dei rifiuti è sanzionato, per questo abbiamo invitato la Polizia municipale a essere attenta e rigida. Infatti, quando è stato possibile risalire a coloro che mettono in atto tale deprecabile condotta sono state elevate le sanzioni previste dalla legge».

26 marzo 2017