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Dissuasori luminosi per evitare gli investimenti degli animali selvatici

Dicembre 2017

Gli addetti al recupero delle carcasse degli animali selvatici (cinghiali, caprioli),  investiti lungo alcune strade provinciali friulane, parlano di «situazione estremamente seria» e di «gravi pericoli per la pubblica sicurezza». 
Ad aggravare il problema è l'assenza di illuminazione pubblica e la presenza dei rettilinei che inducono gli automobilisti  a correre nonostante vi sia il limite di 70 all'ora e l’apposita cartellonistica
Come possibile soluzione, da attuare nel territorio dove vi è maggiore presenza di questi animali, si sta pensando di applicare dei dissuasori luminosi che riflettendo la luce dei fari dei veicoli in transito si trasformano in una sorta di allarme per gli animali.
FONTE: Messaggero Veneto

Si cerca il proprietario del pitone birmano

Dicembre 2017


Pitone di 4 metri trovato sul greto del Tagliamento
Spilimbergo: allertato da una telefonata, il personale del Corpo forestale regionale è giunto sul posto dove ha trovato l'animale morto


SPILIMBERGO. È un mistero il ritrovamento di un lungo serpente, un pitone, avvistato da un escursionista nella serata di martedì non lontano dall'istituto d'istruzione superiore “Il Tagliamento”, nell'area golenale del fiume compresa fra le municipalità di Spilimbergo e Dignano.
Un esemplare molto grande di circa 4 metri di lunghezza, con le caratteristiche striature bruno-grigiastre e macchie quadrangolari di colore bruno con sfumature che vanno dal color crema al dorato tipiche del pitone birmano.
Si tratta di una specie nativa delle regioni meridionali del continente asiatico e, come sia finito in riva al Tagliamento, è difficile da spiegare: di certo, il rettile, dalle grandi dimensioni ma non velenoso, è stato rinvenuto morto in un sito utilizzato in maniera inappropriata per l'abbandono dei rifiuti.
A recuperarlo nella mattinata di mercoledì, 20 dicembre, dopo averne avuto segnalazione dalla Polizia locale di Spilimbergo cui l'escursionista si è rivolto, sono stati gli agenti del Stazione del Corpo forestale regionale, con sede a Borgo Ampiano di Pinzano al Tagliamento.
Impossibile capire se il proprietario del serpente se ne sia disfatto quando il pitone era ancora vivo, facendolo morire a causa delle basse temperature registrate in questi giorni, o se l'animale sia deceduto in casa e successivamente sia stato abbandonato.
Come spiega Paolo Benedetti, funzionario del Corpo Forestale Regionale di Udine “ insieme ai carabinieri del nucleo Cites di Trieste stiamo cercando di capire da dove potesse arrivare l’animale che non era morto da tanto tempo (anche questo da accertare) e sul suo corpo non sono stati segni apparenti di ferite”.
“In provincia di Pordenone si tratta del primo ritrovamento del genere mentre in altre zone della regione, in provincia di Gorizia, per esempio sono stati trovati individui vivi e, in alcuni casi anche morti” ammette Benedetti. Il singolare ritrovamento ha suscitato parecchia curiosità, amplificata dal fatto che le foto del recupero del rettile in poche ore hanno fatto il giro del web.
A togliere ogni dubbio che si tratti proprio di un pitone birmano è un lettore del Messaggero Veneto, profondo conoscitore di questo genere di animali, il quale viste le dimensioni, suppone possa trattarsi una specie femminile.
Di certo, secondo l'esperto, si tratta di un rettile che, per le temperature rigide, soccomberebbe nel giro di poche ore all'addiaccio. Molto più probabile che sia morto prima di essere abbandonato. “Per detenere questi animali, iscritti all'appendice 2 della Cites, è obbligatorio avere un documento rilasciato dall'allevatore o da chi lo ha ceduto.
Nel documento, viene tracciata la storia dell'animale, dalla nascita agli eventuali passaggi da un proprietario all'altro. La Cites impone che tutti gli esemplari siano nati in cattività, da genitori in cattività, ma per il pitone il microchip non è d'obbligo come lo è

invece per altri serpenti” chiarisce l'esperto.
Stando così le cose, pare davvero difficoltoso, riuscire a risalire al proprietario. Adesso la carcassa del serpente si trova a disposizione delle autorità preposte nella cella frigo della stazione forestale di Pinzano al Tagliamento.

21 dicembre 2017

Pitone a Dignano, si cerca il proprietario
Qualcuno ha proposto una taglia per risalire a chi ha abbandonato l’animale ritrovato morto

23 dicembre 2017

DIGNANO. Ha suscitato curiosità e non poca indignazione quella che qualcuno ha simpaticamente già battezzato come una “snake news”, ovvero la notizia del ritrovamento di un esemplare di pitone femmina di circa quattro metri, che è stato avvistato da un escursionista nella serata di martedì non lontano dall’istituto d’istruzione superiore “Il Tagliamento” , nell’area golenale del fiume tra i territori comunali di Spilimbergo e Dignano. La normativa impone che gli esemplari siano nati in cattività, da genitori in cattività, ma per il pitone il microchip non è d’obbligo come per altri serpenti. Stando così le cose pur di risalire al proprietario c’é persino chi lancia la proposta di una “taglia” purché l’autore del gesto non resti impunito. Il rettile, un pitone birmano, è stato rinvenuto morto in un’area solitamente utilizzata per gli abbandoni abusivi di rifiuti.

A recuperarlo nella mattinata di mercoledì – successivamente alla segnalazione dell’escursionista alla polizia locale di Spilimbergo – gli agenti del Corpo forestale regionale, con sede a Borgo Ampiano di Pinzano. Impossibile capire se il proprietario del serpente se ne sia disfatto quando il pitone era vivo, facendolo morire a causa delle basse temperature di questi giorni, o se l’animale sia deceduto in casa e poi sia stato abbandonato. La carcassa del rettile si trova ora a disposizione delle autorità nella stazione forestale di Pinzano e, nonostante le indagini siano in corso, che si possa arrivare ad identificare l’autore di questo singolare abbandono risulta piuttosto complicato a detta degli stessi addetti ai lavori. Le norme internazionali

che regolano il commercio delle specie minacciate di estinzione (Cites) contemplano che chi detiene questo genere di animali sia obbligato ad essere in possesso di un documento rilasciato dall’allevatore o da chi lo ha ceduto. Nel documento, viene tracciata la storia dell’animale.





FONTE: Messaggero Veneto
FONTE: Messaggero Veneto


Sequestrati 65 cagnolini sull'autostrada A23

Dicembre 2017

Un uomo e una donna, entrambi pregiudicati, sono stati denunciati per traffico illecito di animali da compagnia e multati per 70mila euro dalla polizia stradale di Amaro. 
I due  sono statti fermati mentre viaggiavano sull'autostrada Udine-Venezia. All'interno della vettura con targa polacca sono stati trovati 65 cuccioli di cane di varie razze in condizioni precarie. Alcuni non hanno un mese di vita. 
I cuccioli verranno dati in affido a chi si impegna a prestare le necessarie cure. FONTE: Il Gazzettino

Spot sui bus di Udine contro carne e latte

Dicembre 2017
Sui bus di Udine spunta lo spot contro carne e latte
Campagna animalista del comitato “Gadda” con pannelli sulle fiancate dei mezzi pubblici. «Se i macelli avessero le pareti di vetro saremmo tutti vegetariani»

18 dicembre 2017


UDINE. Un maiale nei locali di un macello con lo sguardo terrorizzato. Un vitellino e una mucca, in attesa di essere separati per sempre. Anche dalla morte. Immagini forti, accompagnate da frasi altrettanto d’impatto.
«Se i macelli avessero le pareti di vetro saremmo tutti vegetariani» dice il primo manifesto citando Lev Tolstoj. «Il latte che bevi era per me» “urla” il secondo.
Lo sguardo degli udinesi, nei prossimi giorni, non potrà non cadere sui panelli affissi alle fiancate di alcuni autobus. Per catturare l’attenzione e informare i cittadini sulle condizioni degli animali allevati in modo intensivo, il Gruppo attivo in difesa diritti animali (Gadda) ha ripreso e rilanciato la campagna choc contro i macelli e contro il consumo del latte nata a Genova grazie alla Nala (Nuova associazione per la liberazione animale).

Il Gadda

«Il nostro comitato, composto da udinesi o residenti nelle zone limitrofe, si occupa della salvaguardia e della tutela dei diritti degli animali a 360 gradi – spiega Maurizio Di Qual, rappresentante della Gadda – . I temi su cui vogliamo sensibilizzare le persone sono molti, dagli abbandoni alle sperimentazioni sugli animali, dalle pellicce fino ai macelli».
Così, dopo il clamore suscitato dalla campagna organizzata tre mesi fa nella città ligure, il gruppo friulano si è attivato, grazie a una raccolta fondi, per l’acquisto di otto pannelli, quattro con immagini che sollecitano la contestazione ai macelli e quattro contro il consumo di latte.
Pubblici da giovedì scorso, saranno visibili per un mese, fino al 16 gennaio. «Molti vogliono tenere nascosti certi argomenti – aggiunge Di Qual – perché in regione abbiamo prodotti d’elité per quanto riguarda la lavorazione della carne. Per questo motivo il problema degli allevamenti intensivi è tenuto poco in considerazione».

I macelli

Sono molti i video realizzati da associazioni animaliste – come Animal Equality, organizzazione internazionale per la protezione animale – che girano sul web e che denunciano la sofferenza degli animali negli allevamenti intensivi. Cosa si vede esattamente? Non solo sporcizia e spazi inadatti.
Anche maiali maltrattati che nel macello vengono prima “storditi” con corrente elettrica sugli occhi, poi centrati con un colpo in testa (il cosiddetto proiettile captivo, ndr). «Quando mostri quello che accade le persone provano quasi fastidio – prosegue – , ma noi facciamo vedere solo quello che loro decidono di far fare ad altri. La gente è schifata e si chiede come sia possibile tutto questo: molti distolgono lo sguardo, altri decidono di cambiare idea». È una scelta di responsabilità: «Ognuno può decidere cosa fare».

Il consumo del latte

Mentre il tema dei macelli è quasi “inflazionato”, quello del consumo del latte è di certo meno trattato. «Non è un alimento “innocente” come si crede» dice ancora Di Qual.
Dietro all’industria del latte e dei derivati c’è la sofferta separazione di una “mamma” dal suo vitellino, che viene immediatamente allontanato e non beve una goccia del latte che “gli spetta”. «I vitellini sono chiusi in box singoli e in media dopo 40 giorni saranno macellati – spiega – . Le mucche saranno attaccate a mungitrici elettriche per poi venire sfruttate e trascinate, ormai senza forza, al macello».
Non è trascurabile l’aspetto etico e nemmeno quello della salute: «Studi dimostrano che il latte provoca osteoporosi e scompensi, anche ormonali».

L’esperto

Marta Ciani, nutrizionista con studio a Udine, suggerisce che sarebbe meglio limitare il consumo di carne e latte. «La carne rossa non andrebbe mangiata più di una volta alla settimana. Chi ha patologie di tipo oncologico dovrebbe proprio evitarla – precisa – . Per quanto riguarda il latte e i suoi derivati meglio non assumerne troppi: possono creare disturbi».
Ciò che manca, spesso, è la conoscenza di ciò che viene ingerito. «Se una carne dopo la cottura riduce le sue dimensioni della metà significa che è stata “gonfiata” – conclude la dottoressa – . Se le galline crescono in allevamenti intensivi, la carne bianca fa male quanto quella rossa: il problema è capirne l’origine».



FONTE: Messaggero Veneto

Sentenza: Michele Bodigoi dovrà risarcire 32 mila euro per l'uccisione di due cani

Dicembre 2017
Uccise due cani, condannato a 6 mesi
L’uomo, vicino di casa dei padroni degli animali, li risarcirà con 16 mila euro l’uno. La difesa: «Nessuna prova»


TORREANO. Fu lui a uccidere Marley e Akita, i due cani di grossa taglia trovati morti da una passante, la mattina del 9 maggio 2015, vicino al campo sportivo di Moimacco.
Lui che, sospettato fin dal primo momento dai proprietari degli animali, suoi vicini di casa, aveva sempre negato il proprio coinvolgimento nella loro scomparsa. E che, anche dopo il ritrovamento sul tappetino della propria auto di una macchia di sangue considerata compatibile con il Dna di una delle due vittime, aveva escluso essersi trattato di un abbattimento violento, come proposto dalla Procura, indicando la causa del decesso nell’ennesimo episodio di avvelenamento da prodotti dell’agricoltura.

La sentenza è stata pronunciata ieri. Michele Bodigoi, 45 anni, di Torreano, è stato condannato a sei mesi di reclusione, sospesi con la condizionale, oltre che al pagamento di 16 mila euro di danni l’uno ai padroni dei cani, entrambi meticci nati dall’incrocio di un lupo di razza cecosclovacca e di di una femmina di razza akita.
Ed entrambi freddati, in tesi accusatoria, dai colpi di un’arma da fuoco. Il processo è stato celebrato davanti al giudice monocratico del tribunale di Udine, Paolo Lauteri, con rito abbreviato. Il pm Maria Caterina Pace aveva chiesto 8 mesi di reclusione. Nell’aprile 2016 era stato il gip Daniele Faleschini Barnaba a dare una svolta al procedimento, respingendo l’istanza di archiviazione avanzata dalla Procura e disponendo l’imputazione coatta di Bodigoi, alla luce dell’esito delle analisi condotte dal Centro di referenza nazionale per la Medicina forense veterinaria, che aveva ricondotto a Marley il materiale biologico trovato nel suv dell’indagato.

Di verso completamente opposto la ricostruzione della difesa, rappresentata dall’avvocato Paolo Viezzi, che ha insistito per l’assoluzione piena del proprio assistito. «Sono molto curioso di leggere le motivazioni della sentenza, che impugneremo senz’altro – dice il legale –. Si contestava l’uccisione di due cani con esplosione di altrettanti colpi d’arma da fuoco, ma tutte le prove l’hanno esclusa come causa del decesso.
Era stata la stessa perizia a fare risalire la morte all’avvelenamento da concimi agricoli, verosimilmente un topicida. Modalità che, per l’appunto, provoca emorragie interne». Nè alcuna pregnanza, a dire della difesa, risulta avere il test del Dna. «La compatibilità è stata rilevata in termini di mera possibilità – ricorda Viezzi – e soltanto a un secondo esame, dopo che il primo l’aveva esclusa per la femmina e, vista la parentela tra i due cani, anche per il maschio».

Assistiti dall’avvocato Raffaele Conte e con lui costituitisi parte civile nel procedimento, i padroni di Marley e Nikita avevano sospettato subito di Bodigoi: più volte – avevano riferito ai

carabinieri di Cividale – il vicino aveva manifestato ostilità verso i cani, minacciando di ucciderli se li avesse visti ancora correre in mezzo ai campi. Cacciatore per passione, a seguito della denuncia l’uomo si era visto revocare il porto d’armi.


05 dicembre 2017







FONTE: Messaggero Veneto

La rogna in cinque anni ha ucciso 2500 ungulati

Dicembre 2017
Ampezzo, strage di caprioli e stambecchi nel parco
La denuncia del direttore della Riserva: la rogna ha ucciso quasi 2.500 capi in un quinquennio


AMPEZZO. Nel parco naturale delle Dolomiti friulane è strage di caprioli e stambecchi. A lanciare l’allarme è Gian Pietro Fachin direttore della Riserva di caccia di Ampezzo.
«In un quinquennio la rogna ha decimato stambecchi, da circa 500 capi a meno di una cinquantina, e camosci, qui i numeri sono più che preoccupanti ma si parla di oltre 2000 capi nel silenzio generale delle parti in causa e di quanti hanno per anni plaudito all’istituzione di questo obbrobrio».

Fachin si scaglia contro la gestione del parco «che nelle intenzioni avrebbe dovuto dare impulso all’economia montana con ripercussioni positive sul turismo e l’economia locale con massicce presenze di turisti, visitatori e curiosi».

Si dice convinto che solo degli animali presenti nel parco si è parlato poco, specialmente quando gli ultimi cinque anni «si è portato allo scoperto ciò che ormai si sta rivelando come un autentico flagello».

Il presidente della Riserva non è d’accordo con quanti, «presidenza, direzione, ente parco, Regione, servizio faunistico, corpo forestale, ambientalisti e veterinari nei convegni dopo grandi discussioni e ingenti mezzi per discutere sul tema arrivano alla conclusione che “la rogna è una malattia endemica e ciclica e la natura deve fare il suo corso”».

Oramai non si contano più le carcasse rinvenute lungo i sentieri e le zone limitrofe al parco «siamo stati invitati a spostarle per non toccare la suscettibilità dei frequentatori» perché la malattia non conosce i confini e si è trasferita anche all’esterno.

«I cacciatori non sono stati ascoltati nella predisposizione del Piano faunistico regionale che innalza in maniera abnorme i numeri obiettivo per la crescita della specie camoscio entro l’anno 2020».

La soluzione per Fachin è rappresentata dall’abbattimento degli animali malati. «Se a qualcuno fosse venuto in mente che la caccia è oltre che terreno di scontro di ambientalisti incompetenti che nonostante gli esigui numeri tengono in scacco la politica ambientale di un paese intero come l’Italia anche una forma seria di gestione, la cessione di quote di abbattimento dei capi in sovrannumero stimati dopo seri censimenti avrebbero portato nelle casse del Parco liquidità per centinaia di migliaia di euro senza dover dipendere dalla Regione per pagare stipendi e iniziative

a supporto del parco stesso.
Ma tutto ciò avrebbe toccato gli animi di tanti pseudo-amanti delle povere bestiole che è meglio veder morire fra atroci sofferenze che fare come nel resto dei paesi evoluti e renderli una fonte di ricchezza per il parco stesso».

03 dicembre 2017


Tutela del ranocchio dal ventre giallo


Area protetta per il ranocchio giallo
Per tutelare l’anfibio il Comune vuole chiedere alla Regione di creare un biotopo naturale

TRASAGHIS. Il ranocchio dal ventre giallo salverà il territorio naturale del torrente Leale. Se sarà così, dipenderà dalle risposte che arriveranno dagli enti preposti, ma quello che è certo è che l’ululone dal ventre nel consiglio comunale delle 20 di stasera.
Nel corso dell’assemblea civica è inserito il punto riguardante la richiesta alla direzione regionale competente di rendere l’area in cui scorre il torrente Avasinis un biotopo naturale, proprio per difendere quella specie di anfibio, oggi molto rara, tutelata e riconosciuta dalla comunità europea.
L’amministrazione comunale ha accolto la richiesta arrivata dalla Societas herpetologica Italica, con la quale si vuole difendere l’habitat in cui vive questo animale: «È un anfibio molto raro – spiega Tiziano Fiorenza, referente Shi –, pensavamo che quell’area fosse già sotto tutela vista l’importanza della specie di cui parliamo, che è molto antica. La creazione di un biotopo è anche un modo per proteggere quel territorio da possibili speculazioni».

Il torrente Leale è infatti interessato dalla richiesta di derivazione presentata agli organi competenti da parte di una realtà privata intenzionata a realizzare una centralina idroelettrica.

«Togliere l’acqua – spiega ancora Fiorenza – dalla forra del Leale significherebbe mettere a rischio l’esistenza dell’ululone, un anfibio che trova proprio nelle vasche che si sono formate nel letto del torrente, il luogo ideale per depositare le sue uova dove queste possono compiere tutto il ciclo: in questa condizione parliamo di specie pioniera. Allo stesso tempo, in quel luogo, è presente anche altra fauna ittica tra trote e bisce che ne risentirebbero con un intervento di quel tipo».

L’ululone dal ventre giallo è un piccolo anuro (anfibi senza coda nell’età adulta) in tutto simile a un rospetto caratterizzato da una pupilla cuoriforme. Il ventre di questo animale e colorato da vivaci macchie gialle, diverse per ogni singolo esemplare. Questa colorazione avverte l’aggressore che il rospetto secerne una sostanza, la bufalina, irritante ed ustionante per le mucose.
Tale sostanza è tuttavia del tutto innocua per l’uomo. L’ululone dal ventre giallo è una specie in forte rarefazione in tutta Europa e per tale motivo inserito negli allegati II e IV della Direttiva Habitat che

individua quelle specie a maggior rischio di estinzione continentale. La forra del Leale è già stata individuata nel 2016 come Area di rilevanza erpetologica nazionale dalla commissione conservazione della Societas Herpetolgica Italica.


30 novembre 2017


Fonte: Messaggero Veneto

Sulla provinciale Udine - Povoletto tre automobilisti recuperano un labrador vagante

30 Novembre 2017

Verso le 17,30 di oggi mentre stavamo per rientrare in casa, tre persone con un cane nero si sono avvicinate chiedendoci se quel cane fosse nostro. Lo avevano raccolto in strada nell'incrocio vicino la nostra via. Il cane, un labrador adulto, non aveva collare e risultava difficile trattenerlo per questo motivo le persone ci chiedevano se per caso avessimo un collare da prestare in attesa che arrivassero i cinovigili. (che tra l'altro erano già stati chiamati da circa mezz' ora). Vista la situazione, freddo, buio, cane tendente a scappare, la soluzione migliore l'abbiamo subito trovata cioè far entrare il cane nel nostro giardino recintato. Detto, fatto. Uno dei "salvatori" informava subito i cinovigili della nostra disponibilità comunicando nostro nome, via e telefono. Saluti e ringraziamenti da parte delle tre persone. 
Passa il tempo e alle 17,52 arriva una chiamata dei cinovigili. Non trovano la nostra casa, nonostante le indicazioni del navigatore. Dato quindi indicazioni. Ore 18,02, niente, non ci trovano. .Nel frattempo arriva in bicicletta a casa nostra il proprietario del cane, giunto su indicazione dei cinovigili. Alle 18,15 ancora nessuna traccia dei cinovigili che, anche se il cane è stato recuperato dal padrone, devono comunque presentarsi per verbalizzare. Mio marito ed io rientriamo in casa, il proprietario rimane fuori in attesa... 
In conclusione, tralasciando di fare commenti sui tempi d
'attesa, voglio far presente che le 3 persone non erano insieme ma singoli automobilisti che si erano fermati per prestare soccorso al labrador. Beh, un buon segno di civiltà

Chiedono pietà per Ettore, il montone rapito a Pozzuolo

Novembre 2017
Rapito Ettore, montone-mascotte di Pozzuolo

POZZUOLO. Hanno rapito Ettore. A Pozzuolo non c’è notizia che possa fare più dispiacere, in particolare ai bambini che ogni giorno andavano a fargli le coccole attraverso la rete in via degli Orti, dietro al municipio. La rete è stata tagliata l’altra notte e qualcuno ha preso e portato via senza difficoltà il grosso montone, che è così mansueto da seguire chiunque.

Il suo padrone, Elio De Cecco, ferroviere in pensione, l’ha allevato fin da quand’era un batuffolo bianco come un cagnolino e lo portava al guinzaglio per il paese fino al bar Taverna, dove la moglie, Giacomina Zanello, aveva un biscotto da offrirgli.

Era la mascotte del paese. Le altre due pecore che Elio tiene nel cortile della vecchia casa, Calliope e Chloe, si sono salvate perché hanno paura delle persone e scappano. Elio ha deciso che le darà via tanto è il dispiacere: la volpe tempo fa gli ha mangiato le faraone e i germani reali, ora il dolore per Ettore è troppo grande. Ettore rapito, perché?

La spiegazione fa stringere il cuore al solo pensiero, ma Elio e familiari non si fanno illusioni.

Anche l’anno scorso sotto Natale è stata rubata una

pecora a Pozzuolo, s’immagina non certo per decorare il presepe.

Il figlio di Elio e Giacomina, Michael, falconiere negli aeroporti del Triveneto, ha postato su Fb la foto di Ettore chiedendo che se qualcuno ha visto qualcosa si metta in contatto; sconcerto e rabbia nei commenti.

FONTE: Messaggero Veneto

POZZUOLO
L’appello: siate buoni per Natale, riportate Ettore
I bambini sperano di poter rivedere il montone-mascotte, portato via di notte dalla sua aia


POZZUOLO. «Siate buoni per Natale, riportate Ettore»: è quel che ogni bambino di Pozzuolo spera in cuor suo: rivedere il montone-mascotte nel cortile di Elio De Cecco. Dove non è possibile non fermarsi a osservare le pecore Calliope e Chloe, pronte a correre vicino alla rete, ma meno domestiche di Ettore con i suoi 80-90 chili di mitezza.

Approfittando della via poco frequentata e della propensione del montone a seguire chiunque gli dia da mangiare, nella notte fra lunedì e martedì qualcuno ha tagliato la rete e l’ha rapito. Le due femmine invece sono scappate in stalla. Nessuno ha visto nulla, le telecamere del municipio non coprono la visuale fin là.

Infinito il dispiacere di Elio e dei suoi familiari che l’hanno con loro da cinque anni, da quando pareva un bianco agnellino da presepe. «Me l’aveva dato il compaesano Franco Bolzicco – racconta Elio –: era stato regalato a una bimba di sua conoscenza, ma non si poteva tenere perché brucava il giardino». In via degli Orti invece, in una grande aia dismessa, Ettore poteva correre e saltare, mangiare l’erba e pure gli alberi avrebbe scortecciato, per cui si era reso necessario schermarli per non desertificare il cortile. L’agnello, che nel frattempo – trattato con ogni cura – cresceva a vista d’occhio, non assunse mai l’aspetto di un ariete perché a forza di strofinare la testa contro le piante perse le corna, che gli restarono piccole piccole. Così gli è rimasta quell’aria bonacciona, specchio – del resto – del carattere.

Quando Elio andava a dargli da mangiare lo seguiva come un’ombra e, al momento dei saluti, era un lungo belato straziante. Così il padrone decise di portarselo al guinzaglio, come un cagnolino, tra la meraviglia di tutti. Il giro finiva in Taverna, il bar in piazza gestito dalla moglie di De Cecco, Giacomina Zanello. La quale un paio di volte si era affacciata alla finestra per offrire a Ettore un biscotto. Da allora non se ne è potuto fare a meno e alle coccole di Giacomina si aggiungevano i grattini degli avventori.

A Ettore mancava solo la parola. Quando i bambini della vicina scuola dell’infanzia parrocchiale andavano a casa, obbligo passare da Ettore.

Lui gradiva erbetta e carezze: e quando il piccolo visitatore se ne andava, lo seguiva belando

lungo la rete.

Ora non più: chi glielo spiega ai bimbi cosa potrebbe succedere a Ettore, viste le feste vicine? «Rabbrividiamo al solo pensiero – dicono Elio, Giacomina e il figlio Michael –. È sì un animale, ma per compagnia. Chi lo ha preso non poteva non sapere». (p.b.)


FONTE: Messaggero Veneto

La cerva investita è stata abbattuta dai veterinari

Novembre 2017
Un altro cervo investito sulla ss52
Travolta da un camion una femmina adulta, è stato necessario abbatterla

TOLMEZZO. Una cerva adulta investita da un camion è stata abbattuta dai veterinari del centro di recupero fauna di Tarvisio. L’incidente, l’ennesimo, si è verificato sulla strada statale 52 Carnica, all’altezza dell’ex centro di compostaggio della Comunità montana della Carnia, poco distante dal torrente Vinadia che delimita il confine con Villa Santina. La chiamata al numero unico di emergenza 112 è arrivata verso le 5 di mattina. Un orario, assieme alle prime ore dell’imbrunire, particolarmente “sensibile” in quanto coincidente con le migrazioni degli ungulati dai boschi verso i corsi d’acqua e viceversa. Coinvolto un camion, il cui conducente si è trovato di fronte all’improvviso l’animale, una femmina adulta del peso di oltre 130 chilogrammi, senza riuscire a evitare l’impatto. Seppur gravemente ferito, l’animale era ancora vivo e, ovviamente, recalcitrante a qualsiasi tentativo di soccorso da parte dei veterinari dell’azienda sanitaria, sul posto assieme a una pattuglia del carabinieri, impegnati nella rogolamentazione del traffico da e per Tolmezzo. I veterinari, purtroppo, non sono riusciti ad avvicinarsi all’animale per sedarlo. Lo stato di salute della cerva appariva comunque compromesso, con fratture esposte al bacino e danni alla colonna vertebrale.

Momenti strazianti per la povera bestia, mentre il traffico veicolare, ormai arrivata l’alba, iniziava ad aumentare sensibilmente. Troppo pericoloso autorizzare il transito dei mezzi (seppur a senso unico alternato) con l’animale che ancora di dimenava per le ferite riportate, una situazione di oggettivo rischio anche per gli operatori giunti in suo soccorso.

A quel punto il personale intervenuto sul posto, non senza rammarichi, ha dovuto agire per garantire l’incolumità pubblica, affidandosi al centro recupero fauna per abbattere l’animale. Il corpo della cerva, infine, è stato preso in consegna dagli uomini del Corpo forestale. (g.g.)


FONTE: Messaggero Veneto

L'alta tensione fa strage di uccelli

Novembre 2017

Gru fulminata dai fili dell’alta tensione

LESTIZZA. Ieri nelle prime ore del mattino in un cortile di via di Mezzo a Sclaunicco è stato trovato morto un grosso volatile, con il collo spezzato. I proprietari hanno chiamato il 112, facendo intervenire il servizio di recupero fauna regionale, che ha identificato l’uccello come una gru, fatto eccezionale. Probabilmente un individuo dello stormo visto il giorno precedente in pastura nei pressi, in attesa di svernare a sud: forse per la nebbia fitta ha impattato contro i fili dell’alta tensione che corrono alti una decina di metri quasi sopra il giardino dell’abitazione. La carcassa dell’animale

è stata messa a disposizione del museo di storia naturale e dell’università, per specifici studi. Consistente il guasto alla linea elettrica avvenuto in via di Mezzo, con la conseguenza che è mancata la corrente per diverse ore in tutta Sclaunicco e a Santa Maria.(p.b.)

FONTE: Messaggero Veneto

Grifoni folgorati sui cavi: la strage dell’alta tensione
Una decina i rapaci che sono morti da quando c’è la colonia. Il sindaco Molinaro: chiediamo al gestore dell’energia elettrica di intervenire

FORGARIA. Una decina di rapaci folgorati dall’alta tensione. Troppi. Un appello al gestore dell’energia elettrica affinché metta in sicurezza i cavi dell’alta tensione sul territorio di Forgaria.
A lanciarlo è il sindaco di Forgaria Pierluigi Molinaro. Il motivo? Evitare che i grossi rapaci che frequentano la riserva di Cornino possano morire folgorati. «L’ultimo decesso – spiega Molinaro – risale alla scorsa settimana quando nella frazione di San Rocco è stato ritrovato un esemplare morto dopo essersi appoggiato ai fili. Per rendere sicuri gli appoggi di questi grossi rapaci – spiega ancora il sindaco – sarebbero sufficienti piccoli accorgimenti come l’istallazione di dissuasori metallici o coperture di gomma sui fili».

L’ultima vittima era un esemplare munito di radio trasmettitore satellitare. «Ci siamo accorti che qualcosa non andava perché il segnale risultava fermo troppo a lungo – spiega Fulvio Genero, direttore scientifico della Riserva –. Dal rilevatore anche la temperatura corporea dell’animale che stava precipitando: abbiamo mandato i nostri ragazzi a vedere cosa fosse successo e abbiamo trovato il grifone privo di vita».
Il luogo del ritrovamento e l’autopsia hanno confermato la morte per folgorazione. Rispetto ad altri volatili che si posano sui fili elettrici quelli grossi sono più a rischio in quanto anziché un filo, ne toccano due, tanto basta per ricevere una scarica potentissima che li uccide.
«In altri Paesi d’Europa – spiega Genero – in prossimità di riserve o centri dedicati a specie protette sono già stati attuati progetti di messa in sicurezza. In alcuni casi vengono istallate delle strutture, aste di metallo, che rendono “scomodo” l’atterraggio. In altri casi vengono isolati i fili nei primi tre metri di distanza dal traliccio dell’alta tensione. Questo può salvare la vita a questi grossi pennuti».
Sono circa una decina le morti avvenute fino ad oggi da quando a Forgaria è stato avviato il progetto di conservazione del Grifone che ha portato alla creazione di una colonia nidificante.
«Quando ci sono condizioni meteo avverse – spiega ancora Genero – i grifoni tendono a volare più in basso. Da qui la possibilità di fermarsi sui cavi che». Quanto all’attuale presenza di grifoni in riserva, unico carnaio dell’arco alpino d’Italia, dopo il record di presenze registrato agli inizi di settembre quando furono avvistati 360 capi, grazie alle buone condizioni atmosferiche di ottobre e novembre, sono ancora 200 gli animali presenti nella Riserva di Cornino.


FONTE: Messaggero Veneto

LEGGI: Linee Enel protette salva-volatili

Fetore, polveri irritanti e rumori causati dall’allevamento di bovini

Novembre 2017
Assediati dalle mucche, lasciano la casa
Protesta dei residenti di Borgo Ceschia che vogliono 800 mila euro di risarcimento per l’allevamento di bovini

SAN DANIELE. Da anni è costretta a convivere con un fetore irrespirabile, polveri irritanti e rumori persistenti. Per questo la signora Nives Ceschia ha presentato alla Camera di commercio una domanda di mediazione per la conciliazione, chiamando in causa il Comune di San Daniele reo, secondo la signora, di aver permesso la realizzazione di un allevamento industriale di bovini non a 300 metri dai centri abitati previsti dal Piano regolatore, ma a ridosso dell’abitazione della sua famiglia.
Negli occhi della signora Nives tutto lo sconforto di chi patisce una situazione insopportabile senza sapere che fare. Da decenni, ben prima dell’arrivo dell’azienda specializzata nell’allevamento di bovini, la famiglia della signora Nives risiede in Borgo Ceschia a Cimano.
Alla fine degli anni ’80, con l’arrivo dell’azienda, iniziano i guai. All’azienda infatti il Comune autorizza l’allevamento industriale esattamente nell’area a confine della proprietà della signora. «Viviamo da anni una situazione di grave disagio – spiega Nives Ceschia –: non possiamo aprire le finestre tale e tanto è l’odore che proviene dall’allevamento, per non parlare delle polveri che si disperdono nell’aria quando viene gettata la segatura sopra i liquami».

Nell’allevamento la produzione di liquami, secondo quanto riferito dalla confinante, è molto alta visti i 300 capi presenti. Il problema, secondo la signora, nasce soprattutto dal fatto che l’allevamento non è posto alla distanza prevista dalle vigenti norme.

Secondo quanto stabilito dal Piano regolatore generale della cittadina collinare nel punto relativo agli edifici per allevamenti zootecnici a carattere industriale, infatti. «Questi insediamenti – si legge nel piano – dovranno essere ubicati a una distanza dai centri abitati di norma non inferiore a 300 metri».

Da qui l’istanza inviata al Comune alla quale è stata allegata anche una cospicua richiesta danni, pari a 800 mila euro, in risarcimento a quanto subito a causa delle immissioni atmosferiche nauseabonde e dannose alla salute. Per far valere le proprie ragioni la signora Nives si è anche rivolta con un esposto alla Procura della Repubblica che sulla vicenda ha aperto un fascicolo, ma che in seguito ha disposto l’archiviazione.
Di recente, l’azienda aveva inoltrato richiesta di ampliamento per poter portare l’allevamento a 600 capi. «Non vi sono le condizioni per poter portare in approvazione una simile proposta di Piano attuativo – ha scritto il responsabile del servizio pianificazione di Villa Serravallo per tutta risposta -; viceversa sarebbe opportuno provvedere e favorire un processo di riconversione o riduzione dell’attività in essere abbinata alla delocalizzazione in un sito idoneo, anche attraverso misure di compensazione urbanistica».
Per il momento, intanto, la signora è stata costretta ad abbandonare l’abitazione paterna in cui risiedeva per spostarsi in una realizzata poco distante.
FONTE: Messaggero Veneto

Cane imprigionato in una grotta, lo salvano i pompierI

Novembre 2017

SAN PIETRO AL NATISONE. È stato un passante ad accorgersi di quei latrati provenienti dal sottosuolo: l’uomo li ha seguiti, fino a scoprire una cavità naturale, stretta e molto profonda, poco distante dal ciglio della strada, la provinciale 11 che porta al monte Matajur. Non riuscendo a scorgere nè il fondo nè la bestiola, ha avvisato i vigili del fuoco, intervenuti con una squadra del Distaccamento di Cividale. Giunti poco dopo le 16 in località Cava di Clastra e raggiunta la cavità naturale (presumibilmente formatasi dopo il cedimento del terreno in seguito alle ultime piogge), i pompieri si sono subito attrezzati con le corde, per consentire a uno di loro di calarsi sul fondo della buca. Una discesa complicata, passando a filo tra le rocce e il terreno instabile, fino a raggiungere la bestiola, a circa 15 metri di profondità: a chiedere aiuto, con il suo insistente e ormai stanco abbaiare, era un setter istriano. La bestiola, ferita in modo lieve dopo la caduta accidentale, era visibilmente deperita e assetata. Prestate le prime cure all’animale, il vigile del fuoco è quindi risalito in superficie con il setter in braccio, per poi riconsegnare l’animale ai legittimi proprietari, della zona, che ne avevano perso le tracce da circa un mese.
La pericolosità di quella voragine apertasi poco distante dalla provinciale 11, tuttavia, ha convinto i vigili del fuoco ad attivare la Protezione civile al fine di transennare l’area, per evitare altre cadute accidentali. (ma.ce.)
FONTE : Messaggero Veneto


Orso del tarvisiano muore investito in Austria


Ottobre 2017


Immagine tratta dal Web
Si tratta senz'altro di un plantigrado noto, definito per il suo codice genetico Gen04-E e presente nella foresta di Tarvisio da oltre 15 anni. L'orso non è sopravvissuto all’impatto con  un furgone morendo a poca distanza da dove era stato investito. Il test del Dna stabilirà l'esatta identità del “vecchio amico” seguito, osservato e studiato da oltre un decennio da Paolo Molinari, noto ricercatore di Tarvisio e coordinatore del progetto Life DinAlpBear per la nostra regione.
FONTE: Messaggero Veneto

Decidono di salvare i quattro gelsi ultracentenari


Ottobre 2017
Gelso di casa 

CORNO DI ROSAZZO (Udine)


Nessuno se l’è sentita di abbatterli
Il Re gelso e altri tre imponenti e bellissimi Principi, tutti ultracentenari, sono salvi e hanno trovato un nuovo collocamento. L'espianto dei quattro gelsi si è reso necessario per permettere dei lavori di messa in sicurezza della carreggiata, e per la costruzione delle piste ciclo-pedonali.
Da sempre il gelso o “morâr” costituisce un simbolo di una storia economica e sociale.
FONTE; Messaggero Veneto


LEGGI: I monumenti verdi protetti in regione (In Fvg un centinaio di alberi salvaguardati)



La migrazione degli ibis fuggiti dall'Oasi friulana

Ottobre 2017
Sono sei gli ibis fuggiti dall’Oasi Due i dispersi
Fagagna: una coppia sarà riportata dai volontari Intanto Iris finisce anche sui giornali di Malta

FAGAGNA. Dopo il ritorno a casa di Iris, ora all’Oasi di Fagagna cresce l’attesa per l’arrivo di altri due esemplari, Bob e Alvin, recuperati in gravi difficoltà dai ricercatori dell’Università di Napoli. Secondo quanto riferito dal presidente dell’Oasi Enzo Uliana, gli Ibis imprintati che si sono uniti al gruppo di selvatici migrati verso sud sarebbero stati ben sei. Assieme a Iris e alla quindicina di ibis nati tra aprile e maggio di quest’anno, a settembre hanno spiegato le ali verso Sud anche Ren, Rico, Max, Bob e Alvin. Rispetto a Iris, arrivato fino a Malta senza aver riportato gravi conseguenze, agli altri è andata peggio: il corpo senza vita di Ren è stato trovato in Calabria.

Nessuna notizia di Rico e Max che risultano al momento dispersi. Bob e Alvin, anche loro come gli altri migratori, sono stati recuperati dai ricercatori dell’Università di Napoli uno ferito e l’altro allo stremo delle forze. Bob è già stato operato in una clinica veterinaria campana per estrarre i pallini di piombo ritrovati sul suo corpo, per Alvin è stato necessario un trattamento ricostituente.

Ora i due stanno ricevendo le ultime cure e poi saranno anche loro rimandanti all’Oasi di Fagagna. Iris intanto, dopo il ritorno in aereo, è già tornato in piena forma. Lui non lo sa ma, nei giorni scorsi è stato sotto i riflettori. L’Ibis eremita friulano infatti a Malta si era stabilito nei pressi di un campo di calcio e non era passato inosservato tanto che i media dell’isola gli hanno dedicato ampio spazio. L’edizione maltese dell’Indipendent ha titolato “An Italian fugitive in Malta: The incredible story of Iris, the hand-reared Bald Ibis from Udine” (Un fuggitivo italiano sull’isola di Malta: l’incredibile storia dell’Ibis eremita di Udine, ndr). Una particolare simpatia quella suscitata dal pennuto che, grazie all’imprinting, risulta affettuoso e docile come un qualsiasi gatto domestico.

 E il merito di aver reso Iris così dolce è stato della sua “mamma adottiva” Nicole D’Amicis, dell’Università di Bologna. «Stavolta – spiega Uliana – i nostri ibis viaggeranno in auto: due dei nostri volontari partiranno per Napoli per andare a prenderli».

FONTE: Messaggero Veneto

Ibis emigra, si perde a Malta e ritorna a Fagagna in aereo
L’avventura di un volatile dell’oasi dei Quadris, cresciuto fin da piccolo assieme all’uomo Nell’isola rischiava di essere ucciso dai bracconieri: gli animalisti l’hanno rispedito a casa

FAGAGNA. Iris è tornato a casa. In aereo. Mercoledì Iris, uno degli ibis “imprintati” nell’ambito del progetto di reinserimento attuato in collaborazione con l’Università di Udine all’Oasi dei Quadris, ha fatto ritorno in terra friulana dopo una “gita” fuori programma a Malta. L’esemplare di ibis eremita, specie che rischia l’estinzione, fa parte di quel gruppetto di piccoli che ogni anno vengono tolti dal nido poco dopo la schiusa e fatti crescere da studenti universitari per abituarli alla presenza dell’uomo così da poterli studiare e conservare.

Pur essendo stato “trasformato” dall’uomo da selvatico a domestico, non ha resistito al richiamo dell’istinto e si è unito al gruppo dei suoi simili selvatici e ha migrato verso sud. Ma mentre il gruppo di selvatici, una ventina, dall’esterno dell’Oasi di Fagagna, dove vivono, non ha avuto difficoltà a raggiungere il sud Italia (Campania e Calabria prima e Sicilia poi), Iris ha deciso di fare di testa sua: si è staccato dal gruppo intenzionato a varcare i confini del Belpaese, per raggiungere l’Africa. Alcuni giorni fa il giovane pennuto è stato avvistato a Malta.

«Iris è ritornato sano e salvo a Fagagna dopo la permanenza di alcuni giorni a Malta – spiega Dima Lauzzana, volontaria dell’Oasi – . A Malta Iris si era trovato al sicuro: della sua presenza si erano accorte alcune associazioni ambientaliste, volontari e fotografi che lo tenevano sotto osservazione. Perfino i cacciatori dell’isola lo avevano preso in simpatia e avevano a cuore la sua sicurezza». A Malta però c’è un’alta percentuale di bracconieri: molti ogni anno gli esemplari di ibis e cicogne che in quell’isola vengono impallinati. «Un altro grosso rischio – prosegue Lauzzana – è che Iris, seguendo il suo istinto primordiale, proseguisse il suo viaggio verso l’Africa, dove un giovane ibis da solo e per giunta imprintato, che quindi si lascia avvicinare facilmente dall’uomo, avrebbe fatto sicuramente una brutta fine. Pertanto, su nostra richiesta, l’associazione BirdLife Malta ha provveduto a catturarlo e a tenerlo al sicuro in una voliera in una delle loro riserve naturali fino al momento della “spedizione” in Italia». In una gabbietta, provvisto di acqua e cibo, Iris è stato imbarcato a Malta destinazione Linate: «Il costo del biglietto, circa 300 euro – spiega Enzo Uliana, presidente dell’Oasi –, è stato anticipato dall’associazione maltese, noi abbiamo pagato i 40 euro di spese doganali e provvederemo a rimborsare il biglietto aereo. Mercoledì sera due nostri volontari si sono recati a Linate per recuperare Iris

 che ora si trova a Fagagna. Presto – conclude Uliana – ci saranno spediti dall’Università di Napoli anche Bob e Alvin: si tratta di due Ibis non imprintati partiti da Fagagna, recuperati dagli studiosi dell’ateneo, uno colpito da una fucilata e uno trovato stremato dopo il lungo viaggio».



FONTE: Messaggero Veneto

Elisio, l'orso nuotatore, ritorna in Carnia dopo la disavventura in Slovenia

Ottobre 2017
Travolto da un treno, l'orso lascia la Slovenia e torna in Carnia
L'animale ha attraversato a nuoto il lago di Cavazzo. Il ricercatore dell'Università di Udine conferma: ha seguito il percorso dell'andata


Ecco Elisio, il coraggioso orso-viaggiatore: attraversa il lago per arrivare in Slovenia
Ha 4 anni, pesa 131 chili ed è uno degli orsi che popola i boschi del Friuli Venezia Giulia. Ma Elisio ha una marcia in più. Secondo i ricercatori dell'università di Udine che gli hanno messo il collare con il geolocalizzatore, Elisio è partito dalla Carnia per arrivare in Slovenia. Nel tragitto ha attraversato il lago di Cavazzo ed è stato travolto da un treno a Tolmino (Slovenia). Nulla di grave per l'animale che ha ripercorso al contrario la strada che ha fatto all'andata. Nel frattempo in sua assenza gli studiosi hanno individuato un "sosia" che mangia nello stesso punto in cui i ricercatori sono abituati a vedere il giovane orso - L'articolo

UDINE. Investito da un treno in Slovenia, l’orso Elisio ripercorre a ritroso la strada che aveva seguito per varcare il confine: riattraversa il lago di Cavazzo Carnico a nuoto e ora gira tranquillo sulle montagne della Carnia . Si trova tra Forni di Sopra e Sauris. Il plantigrado catturato a Verzegnis lo scorso giugno dagli studiosi dall’università di Udine, coordinati dal ricercatore Stefano Filacorda, ha vissuto una brutta avventura e, memore delle settimane trascorse nella tranquillità della Carnia, ha deciso di tornare sui suoi passi. Dal punto di vista scientifico la storia è interessante perché conferma la capacità degli orsi di «memorizzare – lo sottolinea Filacorda – i tragitti per trasferirsi da un luogo all’altro».


Il 26 agosto quando Elisio ha attraversato per la prima volta il lago di Cavazzo a nuoto, non avrebbe mai immaginato di andare incontro a una disavventura che avrebbe potuto costargli la vita. Giunto sull’altra sponda, il plantigrado, dopo aver superato il parco delle Prealpi Giulie, si è diretto in Slovenia. Era la fine di agosto. Una volta giunto in Slovenia, l’animale ha superato il fiume Isonzo e si è avviato verso la foresta di Trnovo. «Pensavamo – spiega Filacorda – che si unisse al popolo degli orsi sloveni invece, improvvisamente, il 18 settembre è tornato indietro. Il 21 settembre è rientrato in Italia e per qualche giorno è rimasto nella zona di confine». Se non fosse stato per la telefonata ricevuta dai colleghi sloveni, i ricercatori dell’ateneo friulano forse non avrebbero mai trovato i riscontri sull’incidente subito da Elisio.


Il parco delle Prealpi diventa "l'autostrada preferita" dagli orsi per le emigrazioni
Gli animali attraversano le zone poco frequentate dall’uomo per raggiungere Sella Carnizza, Resia e Caporetto
«Il 20 settembre, alle 6, oltre Tolmino, il macchinista ha visto un orso all’ultimo momento e non è riuscito a rallentare. Il convoglio l’ha colpito. L’animale ha fatto tre capitomboli e poi ha proseguito verso i binari». Filacorda ne è certo perché i macchinisti sloveni sono obbligati a segnalare gli incidenti che coinvolgono i plantigradi. Lo prevede il progetto di tutela della fauna selvatica avviato da tempo in Slovenia. «Una volta ricevuta la segnalazione, sono immediatamente intervenuti i cacciatori con i cani per inseguire l’animale. Seguendo le sue tracce, però, i cacciatori si sono ritrovati sul confine italiano». A quel putto tutto è risultato più chiaro: l’orso investito arrivava dall’Italia.


«Qualche giorno fa è stato investito un orso con il collare», questo il tono della telefonata ricevuta a fine settembre dagli studiosi dell’ateneo friulano preoccupati per la sorte di Elisio. Filacorda e i suoi collaboratori hanno iniziato a cercare i riscontri e «incrociando i dati della telemetria e quelli del macchinista tutto coincide: l’orso è stato investito dal treno e la botta l’ha fatto tornare indietro. In tre giorni è rientrato in Italia. Continuando a seguirlo, abbiamo intuito che ripercorreva lo stesso tragitto dell’andata».

Elisio continuava a correre e il 4 ottobre era di nuovo nel parco delle Prealpi Giulie. Qui è stato ripreso dalle fotocamere installate dai ricercatori. «L’orso è passato a Venzone e a Portis, è salito sulla cima del monte Brancot per poi scendere nello stesso punto da dove il 26 agosto aveva attraversato a nuoto il lago di Cavazzo». È entrato in acqua e a nuoto ha raggiunto l’altra sponda. «I punti del Gps non lasciano dubbi: Elisio ha riattraversato il lago di Cavazzo a nuoto. Siamo sicuri al 100 per cento». Filacorda lo ripete per sfatare i dubbi che continuano a far dire a molti che questa storia è incredibile. Dopo la nuotata, Elisio è tornato a Verzegnis e nella valle del Tagliamento. Oggi passeggia tra Forni di Sopra e Sauris.


Ma c’è un altro capitolo di questa storia che ha lasciato senza parole i ricercatori dell’università di Udine. «Il 3 ottobre, intorno alle 2, Elisio è ripassato nel parco naturale delle Prealpi Giulie. Il giorno dopo alla stessa ora e nello stesso punto si è presentato un orso uguale a lui ma senza collare: per un attimo abbiamo temuto che Elisio avesse perso il collare. In realtà era un esemplare uguale, un suo sosia». Altri orsi, oltre a Elisio e a Francesco, l’altro orso della Carnia dotato di collare, popolano i boschi del Friuli. Lo conferma anche l’attacco subito da un’azienda agricola tra Enemonzo e Feltrone, frazione di Socchieve. I dati della telemetria escludono la presenza in quel luogo, nella data in cui è l’orso è entrato in azione, di Elisio e Francesco.




In Slovenia, invece, stanno aumentando gli investimenti degli animali lungo i binari, la statistica parla di 15, 20 incidenti all’anno. «In passato accadeva perché gli orsi andavano lungo la ferrovia a mangiare il mais che perdevano i carri merci sigillati male. Oggi – spiega sempre Filacorda – i carri sono sigillati meglio, ma i caprioli e i cervi continuano ad andare a mangiare l’erba lungo i binari, molti vengono investiti e muoiono. Gli orsi vanno lì per mangiare gli animali morti».

Tutto questo succede mentre l’orso Francesco, diventato una presenza stanziale in Carnia, sta cercando in quota una tana per il letargo dove poter trascorre l’inverno.



FONTE: Messaggero Veneto

Il libro di Menis e Filacorda

Necessaria una rieducazione alla convivenza coi grandi carnivori

Ottobre 2017
Lupi, linci e orsi: una ricchezza da tutelare
Oggi e domani un workshop. L’assessore Santoro: necessaria una rieducazione alla convivenza


VENZONE. I grandi carnivori che attraversano i territori montani, specie da proteggere ma soprattutto da conoscere per una buona convivenza tra uomo e animale. Il tema è al centro di un workshop di due giorni – presentato ieri e in programma dalla mattina di oggi in sala consiliare a Venzone e domani a Lusevera – organizzato dal Parco delle Prealpi Giulie nell’ambito della piattaforma europea sulla consistenza fra uomo e grandi carnivori.

L’iniziativa coinvolgerà tutti gli interessati dai movimenti di questi animali ed è realizzato in collaborazione con la federazione dei parchi europei Europarc, e con quella dei proprietari terrieri europei nell’ambito dei seminari biogeografici di Natura 2000. Quanto si discuterà in questo fine settimana è stato presentato ieri sera all’hotel Carnia alla presenza del sindaco Fabio Di Bernardo e dell’assessore regionale Mariagrazia Santoro. «Ci troviamo – ha detto Andrea Beltrame, presidente dell’ente parco – nel cuore dell’Europa e il nostro è uno dei principali corridoi di accesso di carnivori quali la lince euroasiatica, il lupo e l’orso, specie che rappresentano una ricchezza che vogliamo tutelare. Per farlo è necessario garantire la sicurezza dei cittadini confrontandoci con i portatori di interesse con il fine di evitare i conflitti». Sarà dunque un fine settimana dedicato ad approfondire le caratteristiche di questi animali che stanno ricomparendo in Friuli Venezia Giulia: un esempio è quello del lupo, il cui ritorno è stato favorito dall’abbandono della montagna da parte dell’uomo, dall’aumento delle prede naturali e dalla protezione legale tramite normative nazionali ed europee. Sul territorio alpino si assiste dunque a una ricolonizzazione spontanea di queste specie e nel caso del parco delle prealpi si tratta di un territorio condiviso con quello del Triglav: le due realtà già da tempo collaborano e lo faranno dunque anche in questi due giorni.

«Nell’ambito del programma wolf-life – ha detto Santoro – che stiamo seguendo in questi anni abbiamo avuto diverse segnalazioni di due coppie di lupi che scorrazzano nell’area montana pordenonese. È necessaria una rieducazione alla convivenza». (p.c.)


FONTE: Messaggero Veneto

Forte aumento di vegani in Italia. Attualmente sono un milione e 800mila,

Ottobre 2017

Il 7,6% degli italiani segue una dieta vegetariana-vegana - Rapporto Eurispes 2017 (dati pressoché  in linea con quelli raccolti dall'Osservatorio Veganok) . Il 4,6% si dichiara vegetariano,  il 3% vegano.
Il mercato vegano non riguarda solo gli alimenti ma anche l'abbigliamento, la cosmesi, ecc.
Manca comunque un termine giuridico per la definizione di "vegano". Per ora, per usare il termine Vegan è sufficiente aderire a uno standard etico. Veganok è il più diffuso al mondo con oltre mille realtà certificate  e decine di migliaia di prodotti sia in Italia che all'estero”. 

Essere vegani  non è una moda ma una scelta di cuore spinta dalla compassione per gli animali,  per i deboli e gli indifesi, è una scelta per il rispetto assoluto della vita.


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Il canile comprensoriale si arricchirà di una struttura per gatti e di un cimitero per animali

Ottobre 2017

RIVE D’ARCANO. Implementare le funzioni del canile comprensoriale allargandolo anche ad altri animali d’affezione e realizzare un cimitero per gli amici pelosi.

Per questo è in fase di elaborazione una convenzione tra il Consorzio della Comunità collinare e l’Università di Udine, Dipartimento di Scienze agrarie e ambientali.

«La convenzione in corso di stipulazione con l’Università – spiega il vicepresidente della Comunità collinare Rudi Bagatto – è indirizzata allo studio delle future potenzialità della struttura. Infatti la Collinare vuole implementare il canile allargando il servizio alla tutela di altri animali da affezione tra i quali prioritariamente i gatti e all’istituzione di un cimitero per gli animali al fine di trovare una soluzione e un luogo tranquillo e immerso nel verde della collina friulana dove poter dare la miglior sepoltura e il giusto riposo ai propri cari e fedeli amici animali, con la possibilità di fare loro visita ogni volta che lo si desideri».

La Comunità collinare del Friuli si occupa di gestire il canile comprensoriale sito nella frazione Arcano Superiore (Rive D’Arcano), garantendo un servizio sociale utile alla collettività e al benessere degli animali.

La struttura, riconosciuta dalla Regione, garantisce il ricovero, la custodia ed il mantenimento dei cani, nonché la gestione sanitaria e l’assistenza veterinaria. Aperta a una quindicina di comuni consorziati, la struttura si propone anche a quei comuni che, ancorché non consorziati, ne facciano espressa richiesta.

«Oltre a questo – spiega ancora Bagatto – si è deciso di destinare una ulteriore parte al servizio di ospitalità a pagamento che organizzato in 53 boxe può accogliere fino ad un massimo di 96 cani.

Per i cani ospiti sono previsti 1.800 metri quadrati di aree sgambamento che verranno ulteriormente ampliate di altri 600 mq. Nell’ottica di un sempre costante miglioramento e cercando di garantire servizi efficienti alla collettività è di prossimo avvio un Reparto sanitario che si occuperà di accogliere cani e gatti del comprensorio collinare per l’opportuno periodo di osservazione sanitaria. La struttura è infatti già seguita da

un responsabile sanitario che si occupa sia dell’assistenza ordinaria che di quella straordinaria».

Gli orari di apertura al pubblico nel periodo invernale (ottobre-maggio) sono dal lunedì al venerdì dalle 14.30 alle 16.30 e il sabato dalle 10 alle 12.

FONTE: Messaggero Veneto


Il macello consortile sarà idoneo anche per ricevere animali provenienti dall’attività venatoria

Ottobre 2017

SAN DANIELE. Dopo 4 anni di stop riprenderà l’attività del macello consortile. Ad annunciarlo il presidente del Consorzio della comunità collinare Mirko Daffarra. «Entro la fine di novembre il macello sarà riaperto – conferma Daffarra –. Grande l’impegno di tutti in Collinare per arrivare a questo risultato. L’auspicio è che ora ci sia una risposta dall’utenza: a quanto ci risulta ci sono realtà che in questo periodo si sono dovute recare per questo servizio fino a Tolmezzo».

A determinare il fermo dell’attività della struttura di via Sottoriva da un lato i lavori di adeguamento edile impiantistico, la correzione del piano di zonizzazione da parte del Comune e, infine, la difficoltà nel trovare un soggetto idoneo a gestire in concessione il servizio di macellazione. Ci sono voluti infatti ben 3 bandi per individuare l’azienda che gestirà il servizio: i primi due bandi emessi dagli uffici della Collinare prevedevano una durata della concessione pari a 6 anni. Con la mancanza di candidati, la durata è stata abbattuta a un anno eventualmente prorogabile. A gestire il macello per il prossimo anno sarà l’azienda Franco Grattel di Cordenons, già gestore del macello di Cordenons: proprio per questo l’azienda è risultata altamente qualificata. La struttura, pensata per una piccola-media utenza, 10-12 capi non di più, ha come obiettivo quello di servire non solo i 15 comuni della Collinare ma anche le macellerie della zona in un’ottica di produzione e lavorazione a chilometro “0”. «Dalla Regione – spiega poi il direttore del Consorzio Gilberto Ambotta – arriveranno anche i fondi necessari, circa 30 mila euro, per effettuare un ulteriore intervento per rendere idoneo l’impianto alla lavorazione delle carni derivanti dall’attività venatoria di animali come cinghiali, caprioli, cervi».

Il macello di via Sottoriva è rimasto chiuso circa due anni per permettere l’esecuzione di interventi di adeguamento per 130 mila euro: interventi di adeguamento al depuratore e alle norme imposte dall’Unione europea sul benessere dell’animale. Terminati i lavori però l’attività non era potuta ripartire per un problema burocratico. Durante la redazione del Piano di zonizzazione acustica comunale, infatti, l’area su cui sorge il macello era stata classificata in classe acustica

2, incompatibile quindi con la presenza di quell’impianto. La questione venne sottoposta dal Consorzio al Comune che ha proceduto ad adottare una variante. Dagli inizi di quest’anno, poi, la pubblicazione di 2 bandi, entrambi andati deserti e, finalmente, l’individuazione del gestore.


04 ottobre 2017

Fonte: Messaggero Veneto

Perdere tre lontre in un anno è un grave danno ecologico

Ottobre 2017

TARVISIO. Nelle settimane scorse nel Tarvisiano sono state rinvenute morte due lontre, travolte dalle auto sull’autostrada nei pressi del capoluogo. Si tratta di animali rari e preziosi per l’ecosistema e tutelati da tutta la legislazione nazionale e internazionale. «Nella Foresta di Tarvisio – spiega il ricercatore faunistico Paolo Molinari – la specie è rappresentata con presenze erratiche da oltre 10 anni, ma solo 3 anni fa per la prima volta è stata documentata la riproduzione. Il piccolo nucleo vitale di Tarvisio è uno dei pochi in Italia e per questo molto prezioso. Purtroppo, la qualità delle acque non basta a far vivere bene questo animale, molte ancora le barriere che ostacolano i suoi movimenti sul territorio e ostruiscono la sua espansione. Muri di contenimento e briglie lungo i fiumi, reti che chiudono strade e autostrade. Ecco che per muoversi nel loro territorio naturale e alla ricerca di nuovi fiumi da colonizzare le lontre devono uscire dai corsi d’acqua, attraversare strade, cercare varchi lungo le recinzioni autostradali con grave rischio d’investimento. Ed è esattamente quanto è successo nei giorni scorsi».

Due individui maschi, uno adulto e uno giovane, a distanza di pochi giorni sono stati, appunto, travolti in autostrada all’altezza di Tarvisio, quando non riuscendo a scavalcare le briglie di cemento nel tratto in cui il fiume è stato messo in sicurezza a protezione dell’autostrada, hanno cercato una deviazione per rientrare nel torrente più a monte. «Nel primo caso – spiega Molinari – l’animale è rimasto folgorato sul colpo dalla violenza dell’impatto. Nel secondo caso era ancora vivo, ma nonostante il rapido intervento sul posto è deceduto poco dopo».

Era intervenuta prontamente sul posto una pattuglia della polizia stradale di Amaro che coadiuvata dal Servizio viabilità dell’autostrada e dei carabinieri forestali era riuscita a recuperare in sicurezza i due animali. Ora non ne restano che le spoglie che potranno fornire utili informazioni biologiche sulla specie. Lo studioso Paolo Molinari, che da anni insieme ai colleghi segue il fenomeno del ritorno della specie in Italia si dice sconsolato.

«Già l’anno scorso era stato investito un esemplare – ricorda –. Perdere tre lontre nell’arco

di tempo di un anno è un danno ecologico enorme. Urge un piano d’intervento. Le opzioni possibili sono diverse, è necessario che quanto prima esperti e enti preposti alla tutela di queste specie si trovino per discutere di possibili soluzioni».

Fonte: Messaggero Veneto

Italia e Austria collaborano per contrastare il traffico illegale di animali da compagnia



Si concretizza il progetto europeo Bio-Crime, sviluppato per contrastare il traffico illegale di animali da compagnia e le problematiche sanitarie da esso generate.
L'obiettivo dell'iniziativa, come ha spiegato l'assessore regionale alla Salute del Friuli Venezia Giulia, Maria Sandra Telesca, è creare "una rete di collaborazione tra Italia e Austria che coinvolga le forze dell'ordine, le magistrature, i servizi veterinari e gli operatori sanitari che operano in questo ambito in entrambi i Paesi".
Il Friuli Venezia Giulia e la Carinzia risultano infatti rotte di transito e di destinazione per il traffico illegale di animali da compagnia. Attraverso i valichi confinari ne passano centinaia, soprattutto cuccioli di cani e gatti, destinati a un mercato nero il cui fatturato, stimato in 300 milioni di euro, è secondo solamente al traffico di droga.
In questi giorni hanno quindi preso il via a Klagenfurt e all'Area science park di Trieste, che coordina le attività formative del progetto, i corsi per pubblici ufficiali e operatori delle forze dell'ordine incentrati su traffico di animali, identificazione e farmaci, procedure investigative e normativa italiana e austriaca, rete internet e deep internet, zoonosi e animal handling, rischio biologico e protocolli di sicurezza.
Inoltre, il 28 ottobre, sempre all'Area science park, la Polizia postale del Friuli Venezia Giulia si confronterà con la direzione della Polizia della Carinzia, mentre per venerdì 29 settembre è previsto un incontro tra magistrati italiani ed austriaci sui sequestri di animali.
Come ha ribadito Telesca, quello della tratta illegale degli animali da compagnia è "un problema che non va sottovalutato perché rappresenta un pericolo concreto per la salute dei cittadini. Oltre a questioni di tipo commerciale ed etico, il traffico illegale di animali comporta un rischio elevato di introduzione di gravi malattie trasmissibili dagli animali all'uomo. Infatti, gli animali comperati sul mercato nero non sono soggetti ad alcun controllo sanitario e possono anche provenire da aree infette".
Concorde il procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Trieste, Dario Grohmann, il quale ha evidenziato che lo "scambio di informazioni ed esperienze aumenterà la capacità di opporsi a questo traffico che si ripercuote su tante famiglie le quali, inconsapevolmente, acquistano animali con gravi patologie o che hanno subito maltrattamenti. Si tratta quindi di un'iniziativa estremamente positiva e mi auguro che questa collaborazione venga ulteriormente rafforzata".
La console onoraria d'Austria, Sabrina Strolego, ha sottolineato come "l'innovazione si sviluppi anche attraverso questi momenti di scambio, in particolare per un progetto come questo, che tutela le persone e anche gli animali. I trattamenti a cui vengono infatti sottoposti i cuccioli contrabbandati sono spesso terribili e incidono in maniera determinante sulla loro salute, per cui anche loro hanno diritto ad esser tutelati e protetti".


Fonte: Comunicato stampa Giunta regionale Friuli Venezia Giulia

Da Fagagna l'appello per ritrovare i 15 Ibis eremita dell'Oasi dei Quadris


L’appello: "aiutateci a ritrovare i nostri ibis"


FAGAGNA (Udine)
Dopo l'ondata di maltempo che ha colpito Fagagna il 10 agosto scorso, una quindicina di Ibis eremita non ha fatto ritorno all'Oasi dei Quadris. Da qui l'appello per ritrovarli.
Facevano parte della colonia riproduttiva. Sono animali cresciuti in cattività, abituati ad avere cibo e un posto per dormire.
Chi avesse notizie contatti Enzo Uliana (348 0412465) o Dima Lauzzana (338 7175877).




***Elisa Colavitti è su Facebook***



Tarvisio, si cercano altri reperti utili a capire la morte dell'orso Rudolph

Agosto 2017

FONTE: Messaggero Veneto

COPIA PER IL TRADUTTORE:
È morto Rudolph l’orso del Tarvisiano che amava la pizza
Gli esperti: sono suoi i resti ritrovati in aprile nella foresta Aveva due anni, non si esclude che sia stato ucciso
di Giancarlo Martina

TARVISIO. Appartengono a Rudolph, un orso di due anni, i resti rinvenuti il 6 aprile nella Foresta di Tarvisio, vicino al confine con l’Austria, sul monte Goriane sopra Coccau. Si trattava di frammenti ossei che in un primo momento ricordavano quelli di una mano umana, tanto che erano intervenuti i carabinieri del “Norm” della Compagnia di Tarvisio comandata dal capitano Robert Irlandese. Analisi più attente avevano rivelato la vera natura del ritrovamento. Paolo Molinari, esperto faunista, aveva avuto subito dei dubbi, ma aveva atteso conferma dal collega del dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università di Zagabria il professor Djuro Huber, uno dei massimi esperti europei di orsi bruni. 
Chiara la sua risposta: «È un orso subadulto, ovvero ancora giovane di due, massimo tre anni di età». Stabilita la specie, rimaneva la perplessità sulle ragioni della morte dell’animale. A questo punto, era intervenuta la sezione naturalistica del reparto Biodiversità di Tarvisio dei Carabinieri – Forestali, guidata dal brigadiere capo Dario De Martin. Obiettivo, la ricerca di altri reperti utili a capire la morte dell’animale, tutelato dalla legge come specie protetta. Nonostante l’intervento delle unità cinofile non era stato possibile trovare altro. Analisi chimiche dei tessuti rinvenuti fanno escludere un avvelenamento, come pure un decesso provocato da un incidente stradale. Poco probabile anche la morte naturale. Più probabile una morte per abbattimento illegale che si sarebnbe verificato nel tardo autunno. Tanto più che i vicini contadini austriaci avevano richiesto al Land (Regione Carinzia) il permesso di abbattere almeno un orso che aveva ucciso una dozzina di pecore, avevano anche aggiunto che in caso di diniego «si sarebbero arrangiati». L’esperto Paolo Molinari però ritiene poco probabile un’uccisione premeditata, ma non esclude un abbattimento involontario. Forse, durante la caccia crepuscolare il malcapitato plantigrado è stato scambiato per un cinghiale. «In ogni caso il risultato, ahimé, non cambia – sottolinea Molinari –, é la perdita di un prezioso animale, immigrato spontaneamente e naturalmente dalle foreste della Slovenia». 
Le analisi genetiche, effettuate presso il laboratorio dell’Università di Lubiana dal dottor Tomaz Skrbinsek hanno quindi rivelato l’identità dell’animale: un giovane orso che l’anno scorso aveva fatto parlare di sé in quanto un po’ spavaldo e dinamico. Aveva fatto visita ai cassonetti dei laghi di Fusine vicino al punto di ristoro dei Sette Nani dove faceva incetta di resti di pizza e frutta che i turisti buttavano. Aveva visitato diverse fattorie e agriturismi nelle alte valli di Ugovizza, per poi passare in Austria, dove era stato battezzato “Rudolph”. 
Nonostante la perdita di un orso, il monitoraggio genetico effettuato nel Tarvisiano in seno al progetto Life (DinAlpBear) e in collaborazione con la regione Fvg e l’Ispra, ha rivelato la presenza di almeno altri cinque orsi. 
«Sono tutti maschi – precisa Molinari –, mancano le femmine e quindi viene anche a mancare la capacità riproduttiva sul nostro territorio. Evidentemente – osserva – le femmine prediligono ancora le
aree a più alta densità nel sud della Slovenia. A morire è stato un individuo giovane, piuttosto confidente e un po’ problematico; fortunatamente non uno degli animali adulti e stanziali, molto discreti e anche per questo più preziosi in chiave ecologica».


Latisana, spirali salva-volatili sui cavi Enel

Luglio 2017

FONTE: Messaggero Veneto

LATISANA. Prenderà nei prossimi giorni il progetto sperimentale per la salvaguardia dei volatili. La società del Gruppo Enel per la gestione della rete elettrica avvierà infatti l’installazione di particolari spirali colorate che aumentando la visibilità dei cavi elettrici sono destinati ad evitare la collisione degli uccelli contro i cavi elettrici. In presenza di una brezza leggera le spirali vibreranno emettendo un leggero suono percettibile dai volatili, che tenderanno, quindi, a non avvicinarsi.

L’intervento interesserà circa un chilometro della linea a 20.000 volt gestita da e-distribuzione in località Bevazzana di Latisana. «Questo intervento è emblematico della fattiva collaborazione tra amministrazione comunale ed e-distribuzione - evidenziano il sindaco Daniele Galizio ed

 il consigliere comunale con delega all’ambiente Filiberto Fantin - e soprattutto esprime e dà concretezza ad una comune sensibilità ambientale e all’impegno a ricercare e sperimentare soluzioni che riducono l’effetto delle necessità umane sull'ambiente e sulla vita delle specie animali».





Animalisti contro la giunta. Troppi favori ai cacciatori

Luglio 2017

Regione Friuli Venezia Giulia

FONTE: Messaggero Veneto 07.07.2017

Tartaruga in strada salvata dalla Guardia di Finanza

Luglio 2107

SAN GIORGIO DI NOGARO. Una rara tartaruga autoctona (Emys Orbicularis) è stata salvata da una pattuglia dei Baschi Verdi della Guardia di Finanza di San Giorgio di Nogaro mentre stava attraversando una strada di Palazzolo dello Stella. L’esemplare, che non può vivere in cattività, è stato consegnato alla stazione forestale di San Giorgio di Nogaro che ha provveduto a liberarla nel biotopo delle sorgenti del Corno in comune di Gonars dove c’è una popolazione censita di tartarughe palustri friulane.

Il ritrovamento dell’animale è avvenuto sabato scorso, quando, durante un controllo di routine sul territorio della pattuglia della Gdf, uno dei militari ha visto l’animale sulla careggiata. La tartaruga rischiava di finire schiacciata dalle ruote di qualche macchina: si sono quindi fermati ed hanno bloccato il traffico per recuperarla. L’hanno portata in caserma, avvisando la forestale che ieri ha provveduto a recuperarla (è intervenuro il maresciallo Marco Di Luca) e quindi, come dicevamo, liberarla.

La tartaruga appartiene ad una specie protetta, è una femmina di giovane età (circa 8 anni, a fronte di una prospettiva di vita di 40 anni) ed è in ottime condizioni di salute. Ha un carapace lungo circa 25 centimetri, e si distingue dalle altre specie per le macchioline gialle che le ricoprono il corpo.

Generalmente vive in acqua (potrebbe provenire infatti, dallo Stella o da qualche affluente) ma si muove anche in zone palustri e terricole e non ha predatori. L’unico rischio è l’attraversamento delle strade a causa del transito delle macchine che la potrebbero schiacciare.

FONTE: Messaggero Veneto

La città di Udine perde 4mila metri quadri di bosco

Luglio 2017

300 alberi sacrificati fra cedri, abeti e acacie. In pratica quattromila metri quadrati di bosco abbattuto per l'edificazione del nuovo complesso ospedaliero nel polmone verde del Santa Maria della Misericordia.
Sarà spostato anche il corso del canale San Gottardo.
L’ingegner Ermes Greatti, direttore della struttura grandi opere, precisa che non si è distolta l’attenzione dalla preservazione del patrimonio faunistico.

«Necessario prevedere nuove piantumazioni»

Collare satellitare all'orso Eliseo delle Prealpi carniche.



Si chiama Elisio ed è il secondo orso catturato nelle Prealpi carniche a fini scientifici. 
Eliseo frequenta le stesse zone dell'orso biondo Francesco, proviene dal Trentino, anch'esso già monitorato.
La cattura è avvenuta con una gabbia a trappola (vedi video) nella notte tra il 22 e il 23 giugno ad opera dai ricercatori dell’università di Udine e dalle guardie forestali 
L’animale è stato stato sedato, sottoposto ai prelievi di sangue, pesato e dotato di collare satellitare  e ora viene monitorato dagli studiosi dell’ateneo friulano.
FONTE: Messaggero Veneto