Cerca nel blog

Translate

Da reato contravvenzionale a delitto. La conferenza Stato-Regioni ha dato via libera al Piano contro il bracconaggio

Aprile 2017

Fonte: Messaggero Veneto


UDINE. Il via libera della Conferenza Stato-Regioni al Piano nazionale di attività anti-bracconaggio riapre una ferita mai arginata per i cacciatori Fvg. Nel documento si torna a parlare di uccellagione, prevedendo un inasprimento delle sanzioni: il reato, che oggi è contravvenzionale, potrebbe essere “elevato” domani a delitto, aumentando esponenzialmente le pene.
Non ci sta Paolo Viezzi, leader delle doppiette in regione, che rilancia: «Federcaccia Fvg è per la depenalizzazione e la riapertura dell’uccellagione». Poi precisa: «Non quella dei delinquenti, che usano la pratica venatoria senza scrupolo, come mezzo per far soldi, ma quella dei miei genitori e nonni, quella della tradizione friulana e della cultura della nostra terra.
Quella dello scrittore Amedeo Giacomini e del pittore goriziano Cesare Mocchiutti». Quella, insomma, che prima del 1992 – anno in cui la legge 157 sulla caccia ha proibito l’uccellagione – veniva largamente praticata non solo in Fvg, ma anche in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna.
Evidenza positiva per Viezzi, di segno opposto per gli estensori – leggi Ispra – del Piano d’azione nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici che nelle 33 pagine del documento citano a più riprese il Friuli come esempio (negativo) di zona in cui ancora si pratica l’uccellagione. Tra settembre e gennaio e tra aprile e maggio con vischio, scacce, archetti, reti e lacci, per prendere uccelli migratori a fini gastronomici, di detenzione amatoriale o lucro.
Tra ottobre e gennaio con reti e richiami acustici in cerca di turdidi da impiegare poi come richiami da caccia o a fini di lucro. Il rischio è già oggi alto. Il reato è punito con «l’arresto fino a un anno – dice la legge – o l’ammenda da 1,5 a 4 milioni di lire». La 157 parla chiaro. L’uccellagione è vietata. Punita con la contravvenzione. Almeno fin qui perché come detto il Piano approvato di fresco opera un nuovo giro di vite prospettando importanti impegni di spesa per l’implementazione degli agenti, l’informatizzazione e il potenziamento degli strumenti di indagine.
Oltre come detto all’inasprimento delle pene, con una proposta di modifica normativa che trasformerebbe la contravvenzione in delitto.
L’ipotesi spinge Viezzi all’attacco. «Questo documento è una vergogna, perché non risponde a una reale esigenza di salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità ma solo a dare l’apparenza di una risposta, pur nella consapevolezza di buttar via soldi pubblici».
Ancora Viezzi: «Il tratteggiare l’uccellagione come il primo dei problemi conservazionistici è un’ipocrisia e ogni soldo speso per questo piano è il prezzo della risposta a troppi populismi. Nessun uccellatore – continua il leader di Federcaccia Fvg – potrebbe mai fare i danni di pesticidi e anticrittogamici. Né raggiungere i numeri di uccisione dei mezzi di circolazione, dell’inquinamento o delle altre attività antropiche. Mi chiedo dov’erano i rappresentanti delle Regioni Veneto, Fvg e Lombardia quando votavano questo malsano documento».
Reo – secondo il presidente di Federcaccia Fvg – di non operare distinguo, perché l’uccellagione friulana, lungi dall’essere – parola sua – la pratica violenta e irrispettosa della fauna e dell’ambiente descritta nel documento, assume per Viezzi contorni poetici.
Quelli descritti da Giacomini con parole e in natura con architetture del paesaggio come le bressane e i roccoli (a Montenars c’è quello di Pre Checo Placereani). «Prima del 1992 – continua Viezzi – la pratica era lecita e molto utilizzata in Friuli, specie nelle campagne, e non aveva alcunché di nocivo per la fauna selvatica. Era semmai un modo per procacciarsi il cibo, per acquisire e tramandare conoscenze. Il lucherino in gabbia era un compagno abituale di moltissime case e i bambini, grazie a nonni e genitori, distinguevano con facilità un passero da un tordo. Oggi invece...»