Cerca nel blog

Translate

PERCHE' NON DIRE COSA MANGIARE?


Da qualche giorno, a Udine, sono comparsi i manifesti delle associazioni animaliste contro la mattanza degli agnelli per i pranzi pasquali. “Torturato, sgozzato, ucciso. Questa è quella che chiami bontà? Quest’anno a Pasqua scegli di non uccidere. Scegli un menù vegano”. Questo il messaggio stampato sui cartelloni, dove fa bella mostra di sé la foto di un agnellino. In città ne sono stati posizionati 25, da via delle Ferriere a viale Trieste, da via Gorizia a viale Venezia. 

L’iniziativa è delle associazioni Animalisti italiani onlus, Natura e natura-rifugio di Rita e Vittoria for animal rights. «Ci schieriamo contro l’inutile strage degli agnelli per Pasqua – spiega Chiara Vattolo – abbiamo iniziato queste campagne di sensibilizzazione nel 2016, autofinanziandoci, e il riscontro dei cittadini è stato notevole. In tanti ci ringraziano per ciò che facciamo o ci scrivono disperati quando vedono passare i tir carichi di agnelli. Grazie alla accresciuta sensibilità degli italiani – aggiunge – in dieci anni il numero di agnelli uccisi per Pasqua si è dimezzato. Nonostante gli sforzi, tuttavia, si prevede che nei prossimi giorni ne verranno macellati oltre 900 mila, senza contare quelli sgozzati illegalmente».
Da qui l’appello che gli animalisti friulani rivolgono ai ristoratori di Udine, affinché tolgano dai loro menù gli agnelli, come già avviene nei locali vegani. «Non vogliamo dire alle persone cosa mangiare – continua Vattolo – ma invitarle a riflettere su chi hanno nel piatto, perché perpetuare una violenza, seppur in nome di una tradizione, non è più giustificabile. Nessuno vorrebbe intenzionalmente far del male agli animali: allora cominciamo dalla tavola». Una mobilitazione, quella degli animalisti friulani, che oggi coinvolge gli agnelli, ma nel recente passato ha riguardato lo sfruttamento delle mucche da latte e dei maiali.
«I numerosi video in rete, alcuni trasmessi anche nei tg – chiarisce Vattolo – mostrano la realtà: nessuna immagine di verdi prati bucolici bensì di cuccioli strappati alle madri ad appena un mese di vita, stipati su camion a più piani, costretti ad affrontare viaggi estenuanti che si concludono con la morte in un mattatoio, dove belano terrorizzati in attesa del loro turno, legati e sgozzati. Tutto questo in nome di una tradizione che, tra l’altro, è erroneamente associata a quella cristiana». 
Fonte: Messaggero Veneto