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Da oggi è vietato sparare alle femmine di capriolo

16 Novembre 2016

Lotta al bracconaggio: pochi caprioli e la riserva ferma la caccia
L’assemblea della riserva di Venzone corre ai ripari e chiede i danni. Da oggi è vietato sparare alle femmine. In un anno cinquemila controlli in regione oltre un centinaio gli illeciti


VENZONE. Stop alla caccia dei caprioli femmina. A larga maggioranza, l’ha deciso l’assemblea della Riserva di caccia di Venzone. Non era mai accaduto prima, ma di fronte all’inspiegabile calo della presenza di animali nella zona, gli iscritti, pur di tutelare il territorio e i cacciatori onesti, rinunciano a sparare ai caprioli femmina.
Il riferimento ai cacciatori onesti non è casuale perché gli iscritti non possono escludere che la mancata presenza di caprioli sia una conseguenza dell’attività di bracconaggio. Solo nelle scorse settimane, infatti, il Corpo forestale regionale ha scoperto una banda che agiva proprio nella zona di Venzone. Non a caso la stessa Riversa ha deciso di costituirsi parte civile nell’eventuale processo contro i 12 denunciati coinvolti nell’operazione antibracconaggio.
La stagione della caccia si apre il 15 maggio e si chiude il 15 ottobre per i caprioli maschi e il 15 gennaio per le femmine. Nel periodo di apertura i cacciatori possono uccidere 32 caprioli maschi e altrettante femmine. Quest’anno, cosa difficilmente riscontrabile in passato, «abbiamo ucciso l’80 per cento dei capi concessi, il fatto che non sia stato raggiunto il numero consentito è un segnale preoccupante» spiega il direttore della Riserva, Valerio Pituelli, non senza ricordare che negli anni scorsi ad agosto le autorizzazioni erano già esaurite.
A conferma che il calo dei caprioli è sotto gli occhi di tutti c’è l’abbattimento di un solo animale nella piana del Tagliamento, dove generalmente venivano uccisi sette, otto esemplari a stagione. E le signore che vanno a passeggiare nella zona del cimitero di Venzone non si imbattono più nei caprioli alla ricerca di cibo.
Insomma nel territorio di competenza della Riserva di Venzone stanno suonando diversi campanelli d’allarme.
«Dai segnali che abbiamo qui mancano bestie» insiste Pituelli impegnato a tutelare l’attività venatoria e il buon nome della Riserva che da sempre vanta una gestione impeccabile. Proprio per questo vuole fare chiarezza sugli indizi tipici del bracconaggio che continua a riscontrare nelle aree più accessibili. Le tracce delle automobili nei prati o i mucchietti di mele lasciati ai bordi delle strade per attirare i cervi, continuano a essere ben evidenti. «Siamo costretti - aggiunge il direttore - ad andare in giro a buttare via le mele che vengono abbandonate come esche».
Di fronte a questa situazione, i cacciatori preferiscono «fare una dettagliata analisi per evitare eventuali ulteriori danni alla specie». Da qui la sospensione cautelativa ed immediata del prelievo di caprioli femmina e dei piccoli con esclusione dei cosiddetti “prelievi sanitari” ovvero degli abbattimenti giustificati da problematiche sanitarie che, però, dovranno essere documentati con tanto di certificato veterinario.
Per quanto riguarda, invece, i possibili danni subìti dalle specie camosci e cervi, di più difficile valutazione immediata, la Riserva confida nell’esame degli atti processuali. Stiamo parlando dell’eventuale procedimento nei confronti dei 12 indagati, tre di Venzone, due di Pontebba, uno di Gemona, uno di Cavazzo, una di Moggio e quattro residenti nel vicino Veneto, ai quali sono stati contestati diversi reati: introduzione illegale di armi, detenzione, porto abusivo e ricettazione di armi, furto ai danni del patrimonio indisponibile dello Stato, uccisione di animali, detenzione illegale di fauna protetta, caccia all’interno di aree naturali protette, abbattimento di specie particolarmente protette, caccia con mezzi non consentiti e illeciti amministrativi.
Le indagini sono scattate lo scorso marzo, quando un giovane di Venzone venne sorpreso, con la sua fidanzata, in flagranza di reato. Il giovane farebbe parte di una organizzazione dedita al bracconaggio e allo smercio della selvaggina a fini di lucro e al traffico di armi illegali, che operava tra Venzone e Pontebba.
Secondo i primi accertamenti, in un fine settimana, la banda era in grado di abbattere anche una dozzina, tra caprioli, cervi e camosci.
La carne veniva trasportata in Veneto per essere poi venduta al dettaglio. Se le accuse saranno confermate, un “ciclone” di richieste danni potrebbe abbattersi sugli indiziati di bracconaggio. Entro fine mese anche la Riserva di Pontebba valuterà la situazione, non è escluso che decida di costituirsi parte civile.

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